Adeguamento stipendiale ISTAT

L’adeguamento degli stipendi dei docenti e ricercatori universitari è previsto dall’art. 24 comma 1 della legge 448/1998 sulla base degli incrementi medi nell’anno precedente delle retribuzioni dei dipendenti pubblici contrattualizzati

A decorrere dal 1 gennaio 1998 gli stipendi, l’indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica, sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.

come confermato anche dall’art. 5 comma 1 del DPR 232/2011 che regola il passaggio al nuovo regime della legge 240/2010 (Gelmini)

Fermo restando quanto previsto dall’articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le tabelle di cui agli allegati 1, 2, 3 e 4 sono aggiornate ai sensi dell’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

Viene calcolato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e determinato annualmente (entro il 30 aprile) con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), con decorrenza dal 1 gennaio dell’anno in questione (e conseguente corresponsione dei mesi arretrati rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).

Si riportano di seguito i decreti e relativo adeguamento percentuale degli anni precedenti (ricordando che nel quinquennio 2011-2015 tale adeguamento è stato bloccato per i docenti universitari, così come gli scatti stipendiali, e sino al 2018 vi è stato il blocco della contrattazione per tutto il pubblico impiego)

Anno Decreto Adeguamento
2024 3.2% (13) 4.4% (14) 4.80% (15)
2023 DPCM 08/01/2024 (12) 1.50% (8) 2.80% (9) 4.90% (10) 0.98%(11)
2022 DPCM 25/07/2022 0.45% (7)
2021 DPCM 15/03/2022 0.91% (6)
2020 DPCM 13/11/2020 1% (4) 1.71% (5)
2019 DPCM 03/09/2019 2.28% (3)
2018 DPCM 03/09/2019 0.11% (2)
2017 0.00%
2016  0.00% (1)
2011-2015
2010 DPCM 30/04/2010 3.09%
2009 DPCM 29/04/2009 3.77%
2008 DPCM 07/05/2008 1.77%
2007 DPCM 27/04/2007 4.28%
2006 DPCM 02/10/2006 2.23%
2005 DPCM 13/04/2005 2.82%
2004 DPCM 14/05/2004 1.38%
2003 DPCM 20/06/2003 2.75%
2002 DPCM 17/05/2002 4.31%
2001 DPCM 28/05/2001 2.60%

(1) in base alla nota ISTAT di marzo 2016 (qui leggasi il comunicato stampa), restando in attesa di conferma da parte del DPCM

(2) così richiama la circolare 31/2018 della Ragioneria dello Stato sul bilancio di previsione per l’esercizio 2019

(3) valore indicativo in base all’aumento della retribuzione complessiva dei comparti istruzione e ricerca (qui la circolare 31/2018 della Ragioneria dello Stato sul bilancio di previsione per l’esercizio 2019, e qui il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2016-2018 per il personale non docente dell’università), sanità, enti locali e funzioni centrali, e mancando ancora l’adeguamento per il rinnovo dei contratti dei dirigenti. Si veda inoltre il comunicato stampa dell’ISTAT per il trimestre ottobre-dicembre 2018. L’aumento della retribuzione del personale docente sarà (vedi nota della CGIL) di circa il 3.4%, distribuito nel triennio relativo al rinnovo dei CCNL, ovvero uno 0.11% nel 2018 (vedi nota (2), la precedente), un 2.28% nel 2019 e circa l’1% nel 2020 (in attesa degli adeguamenti stipendiali residuali)

(4) si veda la nota precedente per comprendere la motivazione

(5) si veda il link nel mio commento del 14/12/2020

(6) in base al comunicato stampa dell’ISTAT di aprile 2021 si ipotizzava lo 0%

(7) come stimato nella nota ISTAT del 31/03/2022 citata nella circolare #23 del 19/05/2022 del MEF

(8) in base alla nota trimestrale ISTAT del 28/10/2022

(9) in base alla nota trimestrale ISTAT del 31/01/2023

(10) in base alla nota trimestrale ISTAT del 28/04/2023

(11) si veda la circolare del MEF #29 del 03/11/2023, e la nota della CGIL dell’08/11/2023 sulla differenza nel calcolo rispetto alla nota ISTAT

(12) si veda l’interrogazione parlamentare del senatore Francesco Verducci riguardo il ritardo nell’emanazione del DPCM

(13) in base alla nota dell’ARAN del 30/10/2023

(14) in base alla nota dell’ARAN del 31/01/2024

(15) in base alla circolare del MEF #16 del 9/04/2024

655 commenti su “Adeguamento stipendiale ISTAT”

  1. Faccio seguito al commento di Andrea, in particolare la tabella 11 che illustra gli aumenti tendenziali mese per mese.
    La ben nota legge riporta quanto segue: “sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive”

    Analizzando i dati tali incrementi medi sono intesi come la media degli incrementi tendenziali ottenuti mese per mese nell’anno precedente sono finalmente venuto a capo del dubbio che avevo riguardo al calcolo delle percentuali dei DPCM:
    nel rapporto precedente si possono trovare i dati medi di Gennaio, Febbraio e Marzo 2022 che sono tutti 0.1.
    Ne segue la lista dei 12 aumenti mensile del 2022 e’;
    0.1 + 0.1 + 0.1 + 0.3 + 0,5 + 0,5 + 1,4 + 1,4 + 1,4 + 1,5 + 2,3 + 2,4 = 12 e quindi in media 1%

    In altre parole c’è un interpretazione alquanto dubbia del termine “aumenti medi” che invece di riferirsi agli aumenti medi delle varie categorie contestualizzate, viene a mio avviso “dubbiamente” (furbescamente?) attribuito ANCHE alle medie degli aumenti mensili tendenziali attribuiti durante, l’anno precedente, in particolare in questo caso il 2022.
    Concettualmente tale interpretazione del concetto di media non ha senso e non rappresenta affatto la realtà degli aumenti della pubblica amministrazione nell’anno precedente, che e’ invece correttamente rappresentata dal concetto di aumento tendenziale a fine anno, ovvero 2.4 oppure 4.2 se si prende il valore di Marzo.
    Mi chiedo e’ sempre stato cosi?
    Se quanto ricordo e’ effettivamente vero, ovvero precedentemente (non ricordo esattamente quando) si faceva riferimento agli aumenti tendenziali di Marzo stimati da ISTAT, potrebbe risultare evidente che a partire da un certo momento, per diversi anni i nostri aumenti previsti dalla legge sono stati ritardati a seguito di questa dubbia interpretazione del termine medi nel testo della legge.
    Mi riservo di analizzare i rapporti ARAN precedenti al 2013. Cosa ne pensate?

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    • Ciao Mauro, il tuo è uno sforzo come si dice in questi casi di “reverse engineering” molto apprezzabile. Fosse come dici sarebbe un meccanismo non solo furbesco ma penalizzante e pure idiota oltre che pretestuoso. Che succede se gli incrementi si concentrano su poche mensilità (in relazione ai rinnovi dei CCNL) e molte altre sono invece a 0%? Non ha alcun senso e osservo che in questo modo i nostri adeguamenti non sono ritardati, ma sono anzi annullati o clamorosamente ridotti. Fosse così, non so, mi chiederei se tutte le categorie dei non-contrattualizzati possano in qualche modo chiedere lumi e agire di conseguenza nelle sedi opportune. A presto.

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      • Una volta che c’è un incremento, essendo l’aumento tendenziale il delta rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, la percentuale acquisita nei mesi successivi permane o varia di poco anche se non vi sono aumenti, quindi dell’incremento si terra’ conto l’anno successivo, non e’ perso ma ritardato. La peculiarità dell’anno in questione il 2022 e’ data dal fatto che l’aumento e’ arrivato solo a fine anno e i mesi precedenti che dipendono in modo crescente da dati del 2021 abbassano la media.
        Leggendo i vari rapporti negli anni e confrontandoli con i DPCM si osservano gli effetti di questo meccanismo. Essendo medie calcolate su dati vecchi per forza di cose provocano un ritardo, alcuni anni più evidente altri anni meno. Solo nel caso in cui gli aumenti si verificassero tutti a gennaio si andrebbe di pari passo, mai si anticipa.
        Credo che sia opportuna una qualche azione dei sindacati, per lo meno notificare questo problema che quest’anno per diverse circostanze (anche l’inflazione) risulta molto evidente e penalizzante. Il fatto che e’ sempre stato cosi mi porta a pensare che sarà difficile poter cambiare, ciò non toglie che un fenomeno, in questo caso, un meccanismo di calcolo errato, si evidenzi quando si verificano i casi estremi.
        Quello che mi sconforta e che potrebbe essere anche un errore dovuto a poca competenza di chi ha concepito tale metodologia di calcolo, se la legge dice rispetto all’anno precedente, questo va considerato, e certamente non si può procedere mediando dati che dipendono sa due anni prima.

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  2. Rispetto al mio precedente commento, mi sbagliavo sull’utilizzo diretto dei comunicati ISTAT sugli aumenti tendenziali per i DPCM, dall’analisi dei rapporti ARAN si evince infatti che e’ sempre stata utilizzata a partire dal 2001 la media degli aumenti tendenziali dell’anno precedente.
    Questo e’ il motivo per cui gli aumenti vengono ritardati rispetto ai comunicati ISTAT.
    Trovo questa procedura molto dubbia in quanto la media degli aumenti tendenziali, e’ influenzata da aumenti ottenuti due anni prima, non solamente nell’anno precedente. Ad esempio l’aumento tendenziale di gennaio 2022 (0.1), utilizzato nel calcolo della media 2022, e’ l’incremento tra gennaio 2021 e gennaio 2022, e quindi riguarda principalmente il 2021 non il 2022.
    Visto pero’ che è sempre stato cosi, credo sia difficile cambiare questa modalità che dal punto di vista concettuale sembra proprio scorretta. Sarebbe opportuno un confronto con chi ha creato questo meccanismo interpretando in questo modo la parola “media” presente nella legge.

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    • Mi sfugge un ulteriore aspetto che ho già espresso in un precedente commento. Ogni DPCM anche i più recenti fanno riferimento nella parte iniziale in modo formale ad una nota ISTAT. Per esempio quello del 25 luglio 2022 indica chiaramente:

      “Vista la nota in data 9 marzo 2022, n. 600718/22, con la quale
      l’Istituto nazionale di statistica ha comunicato che la variazione
      complessiva delle retribuzioni contrattuali pro capite dei pubblici
      dipendenti, esclusi il personale di magistratura ed i dirigenti non
      contrattualizzati, tra il 2020 e il 2021 e’ risultata dello 0,45 per
      cento;

      quanto scritto sopra indica chiaramente che l’incremento dell’epoca era dello 0.45% come infatti fu. Ora mi dico, il DPCM è pubbico ovviamente, possibile che questa nota non si trovi da nessuna parte (in rete)? Se si avesse accesso alla note (giuste) ci sarebbe spiegato il calcolo e come risulta lo 0.45%. In ogni caso da nessuna parte si fa riferimento agli elaborati dell’ARAN anche se non metto in dubbio quanto dici. Quindi il prossimo DPCM che uscirà quando Dio vorrà riporterà a sua volta una nota ISTAT di marzo 2023. Questa nota è già uscita da marzo, la possiamo trovare secondo voi? Lì c’è già scritto una percentuale che sarà l’incremento da applicare. Possibile che la nota non sia pubblica?

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        • Purtroppo dati alla mano non vi e’ corrispondenza tra gli aumenti tendenziali annuali stimati a Dicembre o ad Aprile con le percentuali stabilite dai DPCM. La corrispondenza vie e’ invece con la media degli aumenti tendenziali di tutti i mesi dell’anno precedente.
          La tabella che segue presenta il confronto tra entrambe le misure per gli ultimi anni:

          Anno Aumenti tendenziali PA ISTAT. Dic- Mar…….DPCM MEDIA aumenti tendenziali anno

          2018 Dicembre 2017: 0,5% – Marzo 2018: 0.9% 0,11% 0.1%
          2019 Dicembre 2018: 3,6% – Marzo 2019: 3,4% 2,28% 2.2%
          2020 Dicembre 2019: 0,7% – Marzo 2020: 0,7% 1,71% 1.6%
          2021 Dicembre 2020: 0,0% – Marzo 2021: 0,0% 0,91% 0.9%
          3022 Dicembre 2021: 0,0% – Marzo 2022: 0,0% 0,45% 0.5%
          2023 Dicembre 2022: 2,8% – Marzo 2023: 4,9% ????? 1.0%

          La stessa corrispondenza si può notare a partire dal 2001, e’ sempre stato cosi, ho controllato anno per anno, invece di usare il dato corretto, ovvero l’aumento tendenziale a Dicembre dell’anno precedente si usa una stime scorretta, la media dei rapporti tendenziali di tutti i mesi dell’anno precedente, che dipende fortemente da dati di due anni prima e quindi introduce un ritardo.

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          • Probabilmente il lieve scostamento è dovuto al fatto che nei rapporti ARAN li aumenti tendenziali annuali sono calcolati tenendo in conto anche gli aumenti del personale non contrattualizzato della pubblica amministrazione (compresi i professori universitari stessi), mentre invece per il calcolo del DPCM la legge dice di tener conto solo del personale contrattualizzato.

        • buongiorno,
          è proprio quello che temo visto che ad oggi tutto tace e voci di corridoio sostengono che, causa ridottissime risorse da assegnare ai comparti, la percentuale sarà del 0.8% che paradossalmente è in controtendenza con il costo della vita e gli aumenti medi stipendiali delle altre categorie di lavoratori regolati da concertazione/contratto.
          Qualcuno ha aggiornamenti in tal senso??

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  3. Grazie a Mauro e agli altri per queste informazioni molto documentate e argomentate. Aggiungo che qui il problema però rischia di essere non tanto se il calcolo è giusto o invece penalizzante: quello che personalmente temo è che questo DPCM non ci sarà. Siamo quasi a fine settembre e non solo non è in Gazzetta ufficiale, ma non risulta neanche essere stato firmato (ho visto negli anni precedenti che dalla firma alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale passano anche 2 mesi). A parte la lettera dei rappresentanti della Polizia di Stato, non vedo alcuna “agitazione” tra i docenti o altre categorie non contrattualizzate, anche se veniamo da un anno di inflazione inclemente. Boh, spero di sbagliarmi. Ma un ritardo così grave in questa situazione meriterebbe almeno di essere segnalato sui media.

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  4. Il timore che il DPCM non ci sia, non è fondato. E’ previsto da una legge dello Stato e, dunque, sarebbe occorso un provvedimento di legge di sospensione degli adeguamenti di cui non si è avuta notizia. Quindi, per quest’anno, seppur con ritardo, ci sarà sicuramente il DPCM. Invece, per il futuro si vedrà ma più che nuovi blocchi al più ci potrebbe essere una revisione del sistema di adeguamento. Alcuni anni fa si aprì un dibattito, mi pare stimolato dal Ministro Tremonti, e si sostenne la tesi che il doppio canale, adeguamento ISTAT + scatti stipendiali, fosse un privilegio dei docenti universitari. Poi non se ne è fatto nulla e, personalmente, non credo se ne farà nulla, fatti salvi eventuali futuri problemi di finanza pubblica, peraltro non improbabili.
    Sull’entità dell’incremento, non credo si debba guardare ai 12 mesi che vanno dal marzo corrente al marzo dell’anno precedente, in quanto la legge prevede un adeguamento basato sull’incremento medio delle retribuzioni contrattuali dell’anno precedente, in questo caso, ritengo, quelle maturate tra il 2021 e il 2022. Probabilmente, l’adeguamento del 5% circa riguarderà l’intero biennio 2023-2024 e, quindi, in parte verrà attribuito quest’anno in parte il prossimo.

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  5. È stato appena firmato il contratto dei medici ospedalieri. Prevede incrementi a partire dal 2019. Questo dovrebbe avere riverberi, anche se modestissimi, sugli stipendi dellla pubblica amministrazione. Noi vedremo gli effetti solo sulla parte finale, applicazione del contratto a inizio 2024 (e quindi nel 2025-26) oppure istat nelle prossime nite farà una rivalutazione degli stipendi pregressi? Se fosse così ogni nuovo contratto dovremmo avere arretrati suppur minimi, cosa che non mi pare succeda

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    • Questo punto mi sembra molto importante per la categoria dei docenti e dei ricercatori. Stiamo assistendo in questi ultimi mesi alla firma dei contratti nazionali di alcune categorie della pubblica amministrazione (scuola a dicembre 2022 e quello dei medici ospedalieri che segnali): sono tutti contratti nazionali che riguardano il triennio 2019/2021 e pertanto, seppur in enorme ritardo, queste categorie riceveranno o hanno ricevuto anche gli arretrati a partire dal 2019.
      Nel caso dei docenti, per i quali gli adeguamenti stipendiali sono strettamente collegati agli incrementi stipendiali dei settori contrattualizzati della pubblica amministrazione, è previsto che tale adeguamento si applichi anche agli anni precedenti o solo all’anno di emanazione del DPCM?
      E’ vero, come segnalato da qualcuno in precedenza, che solo in un caso il DPCM ha interessato non solo l’anno corrente ma anche il precedente (il DPCM del 2019), ma è anche vero che questi ritardi nei rinnovi dei CCNL non c’erano mai stati (nel 2022 e nel 2023 si stanno firmando ancora i CCNL del triennio 2019-2021). Il già citato articolo della CGIL-FLC del 2022 sembrerebbe optare per un riconoscimento degli arretrati fino al triennio al quale i contratti si riferiscono, ma è un’ipotesi che non è detto sia confermata.
      Ringrazio anticipatamente chiunque possa chiarire questi dubbi.

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  6. Salve…..inserisco la risposta al sollecito fatto dal sindacato di polizia circa l’adeguamento Istat….sarebbe capire… sara’
    pubblicato a breve il decreto?
    Gli adeguamenti vanno dati in base alla pubblicazione in gazzetta ufficiale … mi sembra…quindi se la risposta del ministero dell’interno e’ questa, ci aspettiamo la pubblicazione in tempi imminenti in modo che tutti possano ricevere i dovuto
    https://www.anfp.it/wp-content/uploads/2023/10/SIAP-ANFP-Pubblicazione-DPCM-adeguamento-economico-ai-sensi-art.24-L.448-del-1998-RISPOSTA.pdf

    https://www.anfp.it/wp-content/uploads/2023/09/Adeguamento-istat-1-settembre-2023.pdf

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    • Questa risposta del Ministero significa dunque che provvederà a erogare gli aumenti anche senza che il
      DPCM venga emanato? Se sì, non è possibile presentare la medesima istanza al Ministero dell’Universita’
      per i docenti universitari? Grazie per la condivisione

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      • Buonasera.. infatti non ho capito.. spero qualcuno sia più informato e risponda..non credo sia possibile.. penso sia tutto legato alla pubblicazione del decreto in gazzetta ufficiale..
        Ma non si sa mai

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  7. Ho trovato ulteriori informazione riguardo alle stime prodotte da istat.
    C’è una pagina web dedicata: https://rivaluta.istat.it/Rivaluta/
    questa pagina tra le altre cose contiene un FAQ, dove viene presentata la terminologia e dove vengono descritti i metodi di calcolo. Il FAQ e’ accessibile a questo link:
    https://rivaluta.istat.it/Rivaluta/doc/faq%20retrib.pdf
    Al punto 18 viene definito il valore medio di ciascun anno come la media semplice dei valori (aumenti tendenziali) di ciascun mese.
    Il metodo sembra essere utilizzato in diversi contesti, ma le formulazioni delle leggi non sono sempre le stesse…..

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  8. Stima spannometrica: incremento da gennaio 2023 compreso tra 1,1 e 1,5%; incremento da gennaio 2024 compreso tra 3,2 e 3,6%.

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    • Se il ministero degli interni ha già rifatto le tabelle per la polizia, sanno già quanto vale l’aumento dal 2023, sulla base della nota istat che fornisce il dato tendenziale, ossia tra il trimestre di riferimento del 2022 e quello del 2023, per la pubblica amministrazione.

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  9. Tra le varie persone che hanno visto o sentito dire qualcosa sul DPCM, qualcuno sa anche quando dovrebbe essere emanato il DPCM? inoltre, qualcuno ha potuto “sbirciare” se è previsto qualche adeguamento anche per gli anni precedenti al 2023, visto che i CCNL firmati di recente sono relativi al triennio 2019-2021 e quindi impatterebbero sui contratti dei docenti a partire dal 2020?

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  10. Non capisco perchè si devono inventare numeri improbabili e senza nessun fondamento. L’unico valore ragionevole è il 4.9% riportato all’inizio di questa pagina. Sulla base di quello che sappiamo, allo stato attuale, questo e’ l’incremento ed e’ del tutto inutile cercare altre fonti. La nota ISTAT al 31 Marzo e’ chiara ed e’ quella a cui fa riferimento la legge.
    Il problema non e’ poi la percentuale. Il problema e’ che il decreto non è stato emanato e questo e’ vergognoso. Su questo bisognerebbe discutere. In un paese normale non dovrebbe accadere che un governo non rispetta le leggi, ma siamo in Italia e non mi sembra che i docenti universitari si siano mai fatti sentire con alcuna forma di protesta efficace. Quindi non resta che aspettare e subire … come sempre..

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      • Ma quella del 4.2% non c’entra nulla, servirà per l’anno prossimo…o meglio è un indicatore parziale in vista di quella che uscirà entro aprile dell’anno prossimo…

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    • Concordo, senza contare che, il non aver ancora dato corso a quanto concordato e cioè che per la dirigenza si deve superare l’attuale adeguamento annuale ISTAT dando vita ad una apposita piattaforma negoziale per la dirigenza (di gran lunga più favorevole), è già un vantaggio notevole per lo Stato. Ma non gli basta mai, è meglio ritardare all’inverosimile l’emissione del DPCM, giocando pure sulle percentuali, mischiando il più possibile le carte in modo che non possiamo capirci nulla. Uno schifo.

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    • Ben detto! C’è anche da dire che una parte consistente dei nostri colleghi, quelli a TD, non è – diciamo – particolarmente interessata alla questione. E però ne va della nostra dignità, così come fu al tempo dello sciopero organizzato dal mai troppo lodato Ferraro. Io sono disponibile a creare rete.
      Dovremmo, inoltre, trovare dei raccordi con esponenti di altre categorie non contrattualizzate, dirigenti di Polizia e Forze armate in primis. Nel comunicato sindacale del sindacato dei Dirigenti di Polizia si menziona esattamente la questione della ‘dignità’.

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      • sono d’accordissimo.Inutile impazzire sui conti, bisognerebbe organizzarsi e farsi sentire, altrimenti questo adeguamento lo tireranno per le calende. Io ho scritto qualche settimana fa a Ferraro per sollecitarlo sulla questiona ma non mi ha risposto. Ci riprovo. Magari facendo leva sul suo seguito sarebbe più facile organizzarsi

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      • Condivido. Inoltre, dovremmo raccordarci con qualche parlamentare, basta che qualcuno di noi possa arrivare a qualcuno di loro, di maggioranza o di opposizione. O anche un senatore a vita che si occupa di ricerca o cultura. Insomma, sono certa che se sollecitiamo uno o più parlamentari, raccontando il ritardo estremo a cui si è giunti pur in presenza di una inflazione record, questi solleciteranno il Governo. Anche solo per fare bella figura con noi e perché la nostra richiesta non è criticabile: ricordiamo solo di applicare la legge!

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    • Per chiarire questo dato del 4.9%, la nota trimestrale pubblicata da ISTAT riguarda il comparto PA contrattualizzato senza contare i dirigenti, mentre per la stima del DPCM si utilizza il Complesso PA contrattualizzato dirigenti e non dirigenti mediando tra questi, in questo modo si ottengono valori lievemente minori più precisamente il 4.2%, vedasi Tabella 11 del rapporto qui sotto.
      https://www.aranagenzia.it/attachments/article/12609/Rapporto%20semestrale%202_2022.pdf
      La stima dell’ISTAT pero’ non usa gli aumenti tendenziali ma la media di questi nei 12 mesi dell’anno precedente (tabella 12 dello stesso rapporto) ottenendo circa l’1%, ovvero il 0.98% citato sopra da Federico, purtroppo direi…….temo che non ci sia nulla da fare. Questo meccanismo non preclude gli aumenti tendenziali consistenti ma li ritarda all’anno dopo. Dall’analisi che ho fatto a partire dal 2017 nel 2023 riscontreremo la percentuale maggiore di ritardo delle medie dei 12 mesi rispetto agli aumenti tendenziali che arriva a circa 1.44% ed è quindi particolarmente vistosa. Partendo da prima, dal 2003 questo valore aumenta per un effetto di trascinamento in quanto al momento del blocco nel 2010 i due metodi non erano allineati.sullo stesso valore.

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      • @Mauro La tua analisi mi sembra molto interessante e corretta. Mi chiedo però: la stima del DPCM 2023 dovrebbe includere anche gli aumenti degli anni precedenti, visto che si sono chiusi contratti del triennio 2019-2021.Quindi, nel DPCM non dovrebbero esserci corrisposti anche i relativi aumenti medi per gli anni 2020-2022, con tutti gli arretrati a partire appunto dal 2020 fino al giorno di corresponsione dell’aumento?

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        • Concordo pienamente con questa osservazione, analizzando i dati passati non ho trovato traccia di simili aggiustamenti con i ricalcoli delle percentuali dovuti a rinnovi contrattuali tardivi, quest’anno il problema e’ particolarmente rilevante in quanto i rinnovi contrattuali ritardati sono stati molti, ed hanno introdotto ulteriori ritardi oltre a quelli del meccanismo di calcolo. Mi sembra più percorribile la strada del ricorso amministrativo su questo punto, rispetto ad una contestazione del meccanismo di calcolo oramai utilizzato da anni senza obiezioni o rispetto ad uno sciopero. Ci vorrebbe un giurista per valutare…..

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      • Sì, ma nel 2021 si era detto che gli aumenti consistenti si sarebbero visti nel 2022 e non è successo, nel 2022 si è detto che sarebbero stati rimandati nel 2023, grazie ai rinnovi contrattuali chiusi nel 2022. Ora che siamo nel 2023, di fronte ad una ipotesi dello 0,98%, diciamo che vedremo un 3,40% nel 2024. Nel 2024 che diremo? In tre anni, 2021, 2022, 2023 sarebbe un 2,24%. Una cosa ridicola.

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    • Non è del tutto esatto: Lo “sciopero degli esami” del 2017, approvato dalla Commissione di Garanzia per l’Esercizio del Diritto di Sciopero in quanto sufficientemente rispettoso dei diritti degli studenti, ha portato importanti risultati per tutta la categoria (vedi Legge n. 205 del 27 dicembre 2017). Ma è vero che lo abbiamo fatto in pochi.

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  11. Anche io sarei portato a pensare che la nota ISTAT di marzo dovrebbe essere quella di riferimento per il DPCM, ma ho appena riletto il messaggio dell’utente Mauro del 25/09/2023 alle 15:59, e sembra che i precedenti DPCM abbiamo usato percentuali che si discostano notevolmente dalla nota ISTAT del marzo di ciascun anno.
    Mi viene il dubbio se possa entrarci qualcosa il fatto che questi aumenti partano da anni precedenti al 2022. Faccio un esempio partendo dal dato reale: il 4,9% della nota ISTAT di marzo 2023 è un aumento dovuto ai vari CCNL firmati, che però ha una progressione nei diversi anni: se ad esempio fosse 1% nel 2018, 1% 2019, 1% nel 2020, 1% nel 2021 e 0,9% nel 2022 (totale 4,9%), non è che il DPCM aggancia solo il 2022 e registra un’aumento dello 0,9% rispetto all’anno prima?
    Sto dicendo una stupidaggine?

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    • Se cosi fosse questo il nostro meccanismo di adeguamento dovrebbe prevedere oltre al DPCM relativo all’anno in corso, anche delle revisioni per gli anni precedenti, cosa che non è mai accaduta.
      probabilmente aldilà delle giuste proteste per la tardiva emanazione del DPCM, le associazioni di categoria dovrebbero entrare anche nel merito dei calcoli che se fatti in questo modo rischiano di farci perdere una quota consistente di aumenti che non viene mai contabilizzata. Io non sono un matematico e non riesco a cogliere il senso di alcune riflessioni, ma colgo che se l’aumento è del 4,2% annuo (per impiegati e dirigenti) perché per noi si dovrebbe fare la media degli aumenti tendenziali mensili…non sono due cose concettualmente diverse? scusate lo sproloquio!

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      • Sono assolutamente d’accordo sulla necessità di entrare nel merito dei calcoli, anche se l’analisi di Mauro mi ha fatto capire che sarebbe eventualmente un ulteriore scostamento all’anno successivo (di quel 4,2% dovremmo vedere 1% quest’anno e 3,2% l’anno prossimo).
        La cosa ancora più grave secondo me è proprio quello che dici: i nostri adeguamenti ISTAT coprono l’anno di riferimento, siamo in attesa del DPCM 2023 che fornirà l’adeguamento stipendiale a partire dal 1/1/2023. Ma tutti questi adeguamenti delle categorie pubbliche ai quali siamo agganciati riguardano il triennio 2019-2021, e pertanto le categorie interessate dai rinnovi avranno gli arretrati a partire dal 2019, mentre noi solo da gennaio 2023.
        Mi sembra un aspetto molto grave sul quale sarebbe opportuno portare l’attenzione.

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      • Distinguerei due piani. Uno è quello della eventuale modifica dei metodi di calcolo di quella percentuale (e di altre questioni connesse… arretrati, periodo di cui si tiene conto, ecc). Ma questo richiederebbe di cambiare qualcosa nella legge che disciplina il metodo attuale. L’altro è il ritardo nella firma di questo benedetto DPCM: qui non si tratta di cambiare la legge, ma di farla rispettare. Questo secondo piano è più semplice, è proprio il “minimo sindacale”! Perché non concentrarci per adesso solo su questo secondo aspetto? Qui il timore è che il ritardo continui o che la manovra di bilancio sospenda il meccanismo per i prossimi anni

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        • Credo che sia opportuno distinguere tra il meccanismo di calcolo ed i dati che utilizza. Il meccanismo di calcolo e’ questo da sempre (media annuale degli aumenti tendenziali dei singoli mesi), difficilmente modificabile in quanto si tratta di una prassi consolidata adottata a livello nazionale anche in altri contesti. Il meccanismo di calcolo dovrebbe pero’ essere applicato a dati aggiornati e questo non è avvenuto in presenza di rinnovi contrattuali ritardati, si può legittimamente chiedere il ricalcolo a partire dal 2019 in quanto gli aumenti sono stati sottostimati per mancanza di informazioni. Si tratta di un concetto semplice, difficilmente confutabile e quindi a mio avviso con buone probabilità di successo se si fa partire un ricorso amministrativo (sempre nell’ipotesi che il DPCM non tenga conto di questo), non si tratta di cambiare la legge o il meccanismo di calcolo ma di aggiornarlo con i dati corretti. I sindacati si dovrebbero muovere su queste questioni concrete, altrimenti che sindacati sono?

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          • Come già detto in precedenza condivido quanto scritto da Mauro.
            Il danno economico più rilevante, anche rispetto al ritardo nell’uscita del DPCM ed alla modalità di calcolo che ritarda ulteriormente l’adeguamento, è proprio il fatto che l’adeguamento non va indietro oltre l’anno corrente del DPCM.
            I rinnovi contrattuali di tutti i comparti prevedono l’adeguamento e quindi gli arretrati a partire dal 2019-2020. Quelli delle categorie non contrattualizzate solo dal 2023.

  12. attendiamo l’uscita del DPCM (dovrebbe essere a giorni). Le voci che si rincorrono però sono di 0.98% come detto in precedenza e non 4.90% come riportato provvisoriamente nella tabella.

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    • Buongiorno, io non capisco una cosa? Da dove nascerebbe questo 0,98% visto che il rapporto ISTAT di riferimento (di cui la legge parla,, utilizzata per gli anni passati e che Maurizio Zani indica nella sua tabella dell’articolo?) di fine aprile indica il 4,9%? Per gli altri anni saremmo anche coperti (ormai sono usciti i DPCM), basterebbe il DPCM 2023.
      Abbiamo notizie utili sulle tempistiche? Maurizio Zani illuminaci tu per cortesia

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  13. Il rapporto ISTAT che esce trimestralmente non è il riferimento per il calcolo della percentuale di adeguamento. Mi pare ormai piuttosto verificato dai fatti, visto che gli ultimi DPCM indicano percentuali non in linea con quelle indicate in quei rapporti. Evidentemente il metodo di calcolo delle percentuali di adeguamento non è quello adottato per gli aumenti indicati nelle note trimestrali. Quale sia il metodo non lo so, vedo tuttavia che Mauro ha provato a dare una spiegazione che, ad ogni buon conto, mi pare fornisca esiti grossomodo coerenti con le percentuali indicate nei DPCM degli ultimi anni.

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    • In tutti i decreti si cita la nota ISTAT che viene pubblicata entro aprile. L’incremento è quello tendenziale che ha a riferimento i primi tre mesi dell’anno, non si tratta di calcolazioni complicate (magari per noi sì, ma non per l’ISTAT). Piuttosto bisogna vedere se ci sono gli effetti differiti di contratti che sono stati applicati in ritardo.

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  14. Una piccola notazione: dal 2001 al 2010, cioè in nove anni, l’adeguamento Istat per i dirigenti è stato di ben il 28% circa. Dopo il blocco degli stipendi durato 5 anni (dal 2016 al 2022), l’aumento è stato solo del 5% circa. Dal 2016 la platea degli aventi titolo al trattamento dirigenziale, almeno nelle FF.AA,. è stata ampliata e stranamente gli adeguamenti annuali sono crollati. Come mai? Forse un diverso meccanismo di adeguamento perché lo Stato doveva risparmiare essendosi ingrossate troppo le fila dei dirigenti? Certo la differenza ante blocco stipendiale è post blocco è troppo evidente e accentuata e come diceva qualcuno, “il caso non esiste”.

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    • Bisognerebbe chiedere a Mauro se, nella sua puntualissima analisi sul meccanismo di calcolo dell’ISTAT, abbia esteso tale valutazione anche agli anni pre-blocco stipendi e se abbia notato delle incongruenze.

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      • La sommatoria dei dati presenti nei rapporti ARAN dal 2003 al 2022 relativamente alla media degli aumenti tendenziali dei 12 mesi, calcolata a dicembre per la voce “Complesso PA dirigenti e non dirigenti” è 25.7, la sommatoria degli aumenti stabiliti dai DPCM negli anni successivi dal 2004 fino al 2023 (ponendo l’ultimo valore a 0.98%) è 25.79. La piccola differenza 0.09 può essere dovuta al fatto che i dati ARAN sono arrotondati alla prima cifra decimale mentre i DPCM alla seconda. Da questo si evince che non è cambiato il meccanismo di adeguamento, sono invece i ritardi nei rinnovi dei contratti che hanno provocato un evidente rallentamento: molti degli aumenti arrivati alla fine del 2022 dovevano essere recepiti a partire dal 2019 andando a determinare adeguamenti maggiori per il 2020 e 2021, e, successivamente, un tempestivo rinnovo dei contratti per 2022-2024 avrebbe portato ad un ulteriore aumento dell’adeguamento per il 2022 e 2023.

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    • Paolo, cortesemente non si diano informazioni erronee. La platea del personale dirigente delle Forze Armate percettrice degli adeguamenti annuali così detti ISTAT è sempre la stessa.

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    • Semplicemente, a seguito del blocco stipendiale considerati i tassi di inflazione bassissimi, l’adeguamento degli stipendi dei contrattualizzati è avvenuto moto lentamente. Conseguentemente la media degli aumenti registrati è sempre stata esigua.

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  15. Grazie mille Mauro per l’ulteriore approfondimento. Il problema che resta, visto che il meccanismo è stato sempre lo stesso, è la sensibile “perdita” degli adeguamenti degli anni precedenti rispetto a quello del dpcm. I rinnovi contrattuali di questi ultimi mesi prevedono aumenti a partire dal 2019 con relativi arretrati, gli adeguamenti del personale non contrattualizzato coprono invece il solo 2023 anzichè partire dal 2020. 3 anni di arretrati che vengono “persi” dal personale non contrattualizzato. Si potrebbero valutare azioni sindacali.

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    • Avevo visto anch’io l’articolo segnalato da Fabio, ma temo che sia molto ottimistico perché ora, nel sollecitare l’adeguamento (https://m.flcgil.it/universita/universita-sollecitiamo-l-adeguamento-istat-per-la-docenza-universitaria.flc), la stessa CGIL scrive:

      l’adeguamento degli stipendi dei docenti universitari risulta essere particolarmente colpito sia dal ritardo dei rinnovi [non accedendo agli arretrati degli anni precedenti], sia dalla lunghezza delle sue procedure, che in ogni caso trasferisce l’avvio degli aumenti solo all’anno successivo della loro effettiva erogazione ai dipendenti contrattualizzati della Pubblica amministrazione.

      “non accedendo agli arretrati degli anni precedenti” mi sembra porprio il contrario di quanto si leggeva nella pagina segnalata da Fabio.

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  16. Anche io leggendo l’articolo della CGIL menzionato da Fabio pensavo fosse certa la retroattività dei nostri adeguamenti anche per gli anni precedenti al DPCM.
    In realtà la stessa CGIL nell’ultimo sollecito relativo all’uscita del DPCM adeguamento ISTAT 2023 sembra escludere la possibilità di ricevere arretrati precedenti all’anno in corso, ecco il link:

    https://m.flcgil.it/universita/universita-sollecitiamo-l-adeguamento-istat-per-la-docenza-universitaria.flc

    dal quale cito:
    “In questo quadro, l’adeguamento degli stipendi dei docenti universitari risulta essere particolarmente colpito sia dal ritardo dei rinnovi [non accedendo agli arretrati degli anni precedenti], sia dalla lunghezza delle sue procedure, che in ogni caso trasferisce l’avvio degli aumenti solo all’anno successivo della loro effettiva erogazione ai dipendenti contrattualizzati della Pubblica amministrazione.”

    In aggiunta nessuno dei DPCM degli anni precedenti è andato oltre l’anno di riferimento.

    Sono queste le ragioni dei dubbi emersi nella discussione, ovviamente sarei felice se questi dubbi potessero essere fugati.

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      • In realtà nel caso specifico riguardava anche il 2018 perchè non era uscito il relativo DPCM. In pratica è uscito un unico DPCM in enorme ritardo, e pertanto ha introdotto gli adeguamenti sia per il 2018 che per il 2019.

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  17. Confermo che secondo me è proprio questo il problema rilevante: il ritardo del DPCM. In presenza di una inflazione aggressiva, molto più alta degli anni precedenti, si ritarda di molti mesi un semplice atto come la firma del DPCM, che poi tra l’altro,una volta firmato, non potrà essere immediatamente attuato: deve andare in gazzetta ufficiale e quindi passa ancora del tempo. Se qualcuno ha notizie o conosce qualcuno da consultare o sollecitare, ben venga.

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  18. Ho letto con molto interesse i commenti di Mauro circa la modalità di calcolo dell’incremento ISTAT come media degli aumenti tendenziali mensili dell’anno precedente, e condivido le sue considerazioni in merito.

    Pongo una questione circa il possibile effetto combinato di tale tipo di calcolo con la questione dei contratti rinnovati con effetto retroattivo.
    Se nel considerare l’aumento tendenziale medio di un mese rispetto allo stesso mese dell’anno precedente si considera, come salario dell’anno precedente, quello ottenuto a seguito del rinnovo “posticipato” del contratto, rischiamo di perdere del tutto tale aumento in quanto il delta non lo rileverebbe.

    Oltre al danno che già abbiamo per non percepire gli arretrati (se così in effetti è), dunque, si aggiungerebbe anche la beffa consistente nel non percepire neanche in ritardo l’aumento dovuto.
    Spero che qualcuno potrà confutare questa ipotesi.

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    • In effetti è un dubbio più che legittimo e sarebbe davvero una beffa. Spero anch’io, come Luca, che un esperto di satistica ci dica che non sarà così.

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    • La questione arretrati andrebbe analizzata con cura.
      Leggendo l’ultimo rapporto ARAN si nota un evidente contraddizione, all’inizio si scrive che sono stati rinnovati 15 contratti con effetto retroattivo a partire dal 2019, dall’altra non si aggiornano le tabelle, relativamente agli aumenti tendenziali a partire dal 2019 fino ad oggi.
      Da questo seguono alcune domande, il fatto che fino ad ora non sono mai stati aggiornati i DPCM degli anni precedenti dipende dal fatto che a partire dal 2001 fino al 2018 non ci siamo mai trovati in una situazione simile con un gran numero di rinnovi tardivi, che hanno avuto una significativa influenza sul passato?
      In altre parole non c’è stato mai motivo di mettere in discussione e quindi rivedere i DPCM passati?
      Oppure le tabelle devono indicare le effettive retribuzioni ricevute negli anni passati e la legge per l’adeguamento si basa su queste ed ignora comunque gli arretrati? Ma gli arretrati in quanto tali non fanno parte delle effettive retribuzioni passate?
      Non ho sufficienti informazioni per rispondere….
      La nota della CGIL dell’31 Agosto 2022 ed il recente sollecito, non chiariscono questo punto, ma non sono a mio avviso contraddittorie in quanto per avviare un eventuale richiesta di revisione dei DPCM passati a seguito dell’aggiornamento dei dati, bisogna comunque aspettare il DPCM di quest’anno in cui il problema verrà “formalmente” evidenziato.

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  19. Se ho capito bene: per quest’anno arrivano solo (e in gran ritardo) pochi spiccioli: 0,98%. Però il prossimo anno (se non cambia qualcosa a livello legislativo) ci sarà un aumento consistente (nell’ordine del 4-5%) che registrerà il ‘trascinamento’ dei contratti conclusi nel ’22 e i primi effetti di quelli conclusi nel ’23 (vedi sanità). Giusto?
    Naturalmente, rimane la questione abbastanza scandalosa degli arretrati.

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  20. Secondo me si fa un po’ di confusione tra il ritardo del DPCM, che forse era l’oggetto della discussione, e il ritardo nella stipula e conseguente recepimento dei contratti di anni precedenti…, come spiega l’articolo della CGIL. L’articolo della CGIL faceva previsioni sull’incremento di quest’anno e non su quello dell’anno prossimo, che invece dipenderà dall’aumento tendenziale registrato dalla nota istat dell’aprile 2024.

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    • Se la nota della CGIL del 31 agosto fosse corretta, già quest’anno (2023) il DPCM dovrebbe riconoscerci un adeguamento piuttosto cospicuo (nell’ordine del 5-6%) che recepisca l’incremento retributivo che i contratti nazionali firmati nel 2022 hanno garantito retrospettivamente per il periodo 2019-21. Temo che non sarà così.

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  21. Faccio presente che la Legge n. 448 del 23/12/1998 art.24, prevede al comma 2 il caso dei dati mancanti, e relativo conguaglio quando questi saranno disponibili:

    2. La percentuale dell’adeguamento annuale prevista dal comma 1 è determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. A tal fine, entro il mese di marzo, l’ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1.

    Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l’adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell’anno precedente, salvo successivo conguaglio.

    A partire dal 2019 i dati aggiornati non erano disponibili causa mancato rinnovo di molti contratti, la legge stabilisce che in questi casi si poteva addirittura utilizzare il 2.28% dell’anno precedente, che non e’ stato fatto, e prevede inoltre i relativi conguagli. Sembra quindi che gli arretrati in caso di dati mancanti sono previsti. O sbaglio?

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    • Mi pare però che questa possibilità si riferisca solo al caso in cui i dati non ci siano e vengano diffusi in ritardo, non alla rettifica retrospettiva di dati già ceritifcati negli anni precedenti.

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  22. È fondamentale conoscere il metodo di calcolo dell’incremento e se questo considera eventuali ritardi nei rinnovi. Finché questo non è chiaro si fanno solo chiacchiere.

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    • In realtà una situazione simile si è già verificata in passato: nell’aprile 2018 sono stati firmati i contratti per il triennio 2016-18; nei due anni successivi (2019 e 2020) abbiamo ricevuto un adeguamento che rifletteva l’aumento delle retribuzioni previsto da quel contratto, ma non mi risulta che ci siano stati corrisposti in alcun modo arretrati per gli anni 2016-2018.

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      • Grazie Luciano, confermo che nelle corrispondenti tabelle dei rapporti di ARAN dal 2018 in poi non vi e’ alcuna rettifica per i valori del 2016 e 2017 che rimangono invariati, quasi tutti a 0. L’incremento del 2019 è stato maggiore rispetto alla media che le stesse tabelle indicano per quest’anno in quanto gli aumenti sono stati recepiti a partire da meta’ 2018 e non alla fine dell’anno come per il 2022; forse proprio questa circostanza, insieme all’inflazione bassa, hanno reso il problema del rinnovo tardivo e dei possibili arretrati meno evidente.

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  23. Però la cosa non chiara è perché di questi ritardi nell’ emanazione del DPCM considerato che per i contrattualizzati ci sono state e ci sarà questa ulteriore misure a sostegno ? Poi sarà il caso che chi fa parte di questa categoria dirigenziale abbia lo stesso trattamento dei dirigenti della PA e delle altre categorie dirigenziali per le quali ci sono aumenti rapidi e più sostanziosi? Esiste un modo per essere equiparati al loro trattamento?

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    • Sì, quello di fare concorsi per dirigenti…comunque è un bene che abbiano rinnovato i contratti per i dirigenti, perché si rifletterà sull’incremento tendenziale dell’anno prossimo.

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      • Quindi i dirigenti dell’Università, delle varie forze di polizia e armate non sono veri e proprio dirigenti, questi sono quelli della PA delle agenzie fiscali etc? E perché li chiamano dirigenti allora? Boh credo che solo in Italia esiste il dirigente vero e il dirigente che in realtà non lo e’

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  24. Ogni rinnovo retroattivo dovrebbe impattare sulle percentuali dei vari adeguamenti istat, per gli anni interessati, a partire dalla specifica decorrenza. Considerato che non c’è alcuna uniformità nei tempi per i singoli rinnovi, occorrerebbe rivedere ogni singolo adeguamento per ogni singolo rinnovo retroattivo, con la giusta decorrenza (con i relativi conti, tutt’altro che semplici da gestire). Mi sembra di capire che l’istat tiene conto dell’aumento complessivo delle retribuzioni mediante rilevazione mensile, per cui il pregresso è perso. In sostanza, dovremmo essere noi a pagare i ritardi nel rinnovo dei contratti. Spero di sbagliarmi, ma è verosimile che sia così.

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    • Condivido il tuo ragionamento e le relative conclusioni, negative per la nostra categoria. Bisognerebbe capire se ci sono i presupposti per un’azione che possa chiedere di sanare quella che, dal mio punto di vista, è una vera e propria ingiustizia. Si discute tanto sul fatto che i rinnovi dei vari CCNL arrivino con molto ritardo, ed è giusto ovviamente, ma poi queste categorie ricevono tutti gli arretrati.
      Noi “assorbiamo” questi adeguamenti tardivi dopo un ulteriore anno (o addirittura 2, quando questi contratti vengono siglati nei mesi finali dell’anno) e perdendo per giunta tutti gli anni arretrati.

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      • L’anno scorso sono arrivato dei soldi per i contrattualizzati con gli arretrati 2019/2021 e a noi misero 0.45%, a dicembre arrivano altri soldi per i contrattualizzati e noi boh chissà… spero che questi ritardi siano dovuti a voler dare prima qualcosa ai contrattualizzati e poi dare un bel incremento a noi in modo da non creare malcontento…

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    • Condivido anche io la tua osservazione, è evidente che sarebbe impossibile tener traccia dei singoli rinnovi, che avvengono in tempi differenziati, se i ritardi non sono molti pero’, le penalizzazioni non dovrebbero risultare troppo rilevanti dando luogo ad un fenomeno tollerabile (è stato effettivamente cosi prima del 2010?). All’aumentare invece, come sta accadendo in questi anni, del numero di contratti in ritardo e del numero di anni di ritardo, il problema sta diventando sempre più macroscopico. Cosa possiamo fare per invertire questa tendenza? C’è stato già qualche tentativo fallito? Si può collegare il concetto di ritardo a quello della mancanza di dati, al fine di giustificare un conguaglio ad esempio nel momento in cui una serie di contratti in ritardo vengono rinnovati, magari con cadenza triennali?

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  25. Che come categoria (anche sindacale) siamo impalpabili (per non dire inesistenti) è un dato di fatto. Ma che altre categorie non contrattualizzate, ben più pesanti numericamente, sindacalmente (vedi forze dell’ordine) e politicamente (magistrati), subiscano in silenzio è cosa che sfugge alla mia comprensione. Forse solo le grandi organizzazioni sindacali potrebbero organizzare iniziative comuni alle categorie non contrattualizzate

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    • Fabio, per inciso, i magistrati gli stipendi se li adeguano da soli all’indice ISTAT. Se non sbaglio quest’anno si aumenteranno lo stipendio del 7%.

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  26. Sono d’accordissimo con gli ultimi commenti: ci vorrebbe un’azione sindacale/legale, ma mi pare che nemmeno i sindacati finora avessero consapevolezza del problema (vedi la nota 31 agosto della CGIL). Forse ora che la cosa, come dice Mauro, sta diventando macroscopica si potrebbe provare a sollecitare qualche tipo di reazione perché mi sembra che i ritardi nel rinnovo dei contratti causino un danno evidente e ingiusto (anche illegittimo?) alla nostra categoria.

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  27. Scusate, comprendo il malumore e in buona parte parte lo condivido, ma mi sembra (o mi sembrerebbe) esagerata l’indignazione dei docenti universitari, che comunque godono, attualmente, di scatti stipendiali biennali che ammontano al 12% della retribuzione!
    I lavoratori del pubblico impiego e di altri settori con contratti scaduti non godono nemmeno lontanamente di incrementi così sistematici e sostanziosi. Se sono indignati o furibondi, come lo sono, ne hanno tutto il diritto.
    Poi io posso anche ritenere che i docenti meritino di più, e in effetti lo ritengo, ma uno sguardo relativo sulla condizione retributiva di questo Paese occorre averlo.
    Se invece domani dovessero sospendere la biennalità degli scatti (prima del 2018 erano triennali) o se addirittura dovessero bloccarli allora mi arrabbierei di brutto pure io!

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    • Scatti biennali del 12%…!? Forse siamo alla metà e dal 2018, visto che li hanno congelati per anni. Cortesemente Antonio mi citi la norma di riferimento perchè chiedo subito gli arretrati e vado direttamente in pensione.
      Grazie.

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    • Caro Antonio, il problema nasce proprio dal blocco degli scatti che ha mutilato in maniera definitiva le nostre retribuzioni. Io sono un PA dal 2007 e mi ritrovo in classe 3 dopo 16 anni di servizio. L’abilitazione alla I fascia che ho dal 2018 posso solo usarla per fare un quadretto (per usare un’espressione consona al mio ruolo, altrimenti dovrei dire altro) dal momento che nel mio Dipartimento non bandiranno mai un concorso per un SSD minoritario. Volete darmi almeno questi due spicci che mi spettano per legge?

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    • @Antonio, comprendo la tua perplessità, per cui ritengo che sia utile fare chiarezza. Non tutti i Dirigenti percepiscono stipendi da sogno e non tutti i dirigenti sono destinatari della misura. Il meccanismo definito “classi e scatti” è adottato anche dal comparto sicurezza e difesa. La misura prevede un calcolo che tiene conto degli anni di servizio e di uno specifico coefficiente (indice di abbattimento) legato alla qualifica/grado rivestito. Al maturare del diritto, si percepisce un aumento pari al 6% (decisamente non il 12%) per classe (biennale) o al 2.5% per scatto (successivamente all’ultima classe prevista e “al posto di” non “in aggiunta a”). Le tabelle relative al trattamento economico si possono facilmente consultare nei vari siti web sindacali (https://siulp.it/trattamento-economico-del-personale-dirigente-della-polizia-di-stato/).
      Un VQA/MAGGIORE è un Dirigente dello Stato e guadagna annualmente 40.786,81€/anno, pari a 3398,9€/mese ovvero poco più di 2000€ netti al mese (36 ore settimanali). Per avere una misura, un insegnante percepisce circa 1700€ per 18 ore + riunioni varie, con circa il triplo delle ferie “effettive”. Ci sono quindi Dirigenti che percepiscono decisamente meno della maggior parte dei funzionari/quadro di molte altre amministrazioni, destinatari di uno stipendio neanche lontanamente paragonabile alle retribuzioni di Dirigenti più fortunati. Sotto i 13 anni in carriera, l’unico meccanismo di adeguamento previsto è proprio quello istat. Per completare il quadro, vale la pena evidenziare che per la Dirigenza della Polizia di Stato è prevista per Legge primaria dello Stato (art. 46, comma 4, del D.L.vo 29 maggio 2017, n. 95) una specifica area contrattuale (mai attivata) che riguarda lo straordinario e molte altre questioni, con il paradosso di percepire molto meno dei non dirigenti in relazione a varie indennità d’impiego. Oltretutto un VQA percepisce meno di 10€ nette per ora di straordinario. Se mettiamo sul piatto anche le tutele destinate al personale contrattualizzato (una tantum, anticipo vacanza contrattuale, assegni di funzione…) appare chiaro il malumore della Dirigenza per i ritardi sistematici. Ultima considerazione, ci sono uffici o aree rette da Dirigenti che guadagnano sensibilmente meno del personale (non Dirigente) che dirigono.

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      • Tu stai parlando di Commissari non di Vice questori/Maggiori per i quali credo che si superi i 50.000 annui. Ed è da Vice Questore/Maggiore che si gode di classi scatti e adeguamento istat( quest’ultimo ormai da anni irrisorio)

        Rispondi
        • I Commissari non sono dirigenti, i vqa lo sono, per cui mi riferisco ai vqa che sotto i 13 anni in qualifica, pur essendo dirigenti dello Stato, non sono destinatari di classi/scatti e percepiscono circa 41000€ lordi/anno. Comprendo che è difficile da credere, ma i dirigenti del comparto “primo impiego” percepiscono poco più di 2000€ al mese e sono soggetti al solo adeguamento istat.

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    • Non saprei neppure da dove cominciare a descrivere quanto io ritenga dannoso un simile approccio, che ovviamente è il prodromo di un adeguamento al ribasso dei trattamenti salariali.
      Ricordo soltanto che, in origine, il trattamente salariale della docenza universitaria era stato calibrato con riguardo al punto di arrivo dell’importo annuo lordo a valle di tutti gli scatti retributivi, non con riguardo al punto di partenza.
      Ricordo inoltre (in particolare a Fabio, sopra) che i magistrati si sono tutelati molto meglio di noi, e che gli effetti del blocco delle retribuzioni sono stati per loro – non per per noi – sostanzialmente eliminati.
      Nel merito, l’indicazione di scatti pari al 12% è del tutto errata: la percentuale, che non raggiunge mai il 12% (della retribuzione iniziale, non di quella in godimento) ma solo talora si avvicina (uno scatto ogni due), decresce poi nettamente a partire dalla settima classe.
      Se poi vogliamo dire che, vista la condizione salariale italiana dei metalmeccanici o degli operatori ecologici, noi dobbiamo considerarci fortunati, lo possiamo fare ed è anche vero, ma che sia chiaro che, così facendo, non migliorerà la loro condizione: semplicemente peggiorerà la nostra.

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    • Questo tipo di valutazione può essere comprensibile se formulata da un giovane collega (non so se sia il suo caso), magari entrato in servizio ritrovandosi gli scatti biennali senza aver subito il danno del blocco degli stipendi degli anni precedenti (con effetto anche sul futuro per i soli docenti universitari e, limitatamente all’anno 2013 per gli insegnanti). Per ricordare: nell’anno 2010 il governo Berlusconi ha bloccato gli stipendi per tutti i dipendenti pubblici per tre anni, dal 2011 al 2013. Per i Docenti Universitari e il personale della scuola, nonché alcune altre categorie non contrattualizzate sono state bloccate anche le progressioni stipendiali. Nell’anno 2013, il Governo Letta ha prolungato il blocco, per tutti, anche per il 2014. Alla fine dell’anno 2014 il Governo Renzi non ha rinnovato il blocco per tutti gli altri dipendenti pubblici per il 2015, ma lo ha rinnovato solo per la docenza universitaria (art 1, comma 256, Legge 23/12/2014 n° 190). Oltre all’anno in più di blocco riservato alla docenza universitaria, tutte le altre categorie che avevano avuto anche il blocco delle progressioni stipendiali hanno poi, in un modo o nell’altro, chi prima e chi dopo (non è difficile trovare i dettagli in rete), avuto il riconoscimento ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici sul futuro. Solo gli insegnanti hanno definitivamente “perso” l’anno 2013 e i docenti universitari hanno perso tutti gli anni di blocco. Per chiarire, per chi era in servizio come docente universitario quegli anni sono stati totalmente cancellati ed è un caso unico in tutta la P.A. Qualcuno ha calcolato un danno medio di oltre 90000 euro netti su tutta la vita, compresa quella lavorativa e pensione (nota: in più rispetto al blocco “normale” che ha interessato tutta la P.A). Quindi, per me le progressioni biennali, peraltro soggette a valutazione, sono semplicemente da considerarsi una riparazione a fronte della nostra protesta per la calpestata dignità. L’indignazione non è esagerata.

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    • Quella dei docenti universitari è stata l’unica categoria che ha subìto sia un blocco dell’adeguamento ISTAT, sia il blocco degli scatti, per sei anni, senza recupero (a differenza di altre categorie non contrattualizzate) e con un danno spalmato nel tempo quantificabile – mediamente – in circa 150000 euro. Tant’è che si è dovuto giungere allo sciopero. In ogni caso sto sondando tra colleghi giuristi se vi siano (magari in fase di preparazione) ricorsi amministrativi, cui parteciperei immediatamente.

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      • Nel caso riuscissi ad avere informazioni su un possibile ricorso, ti chiederei gentilmente di condividere tali informazioni in questo forum. Grazie mille.

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  28. Temo di non essere d’accordo con il collega Antonio. Personalmente ritengo che in ogni Paese (quindi anche l’Italia) le leggi – anche quelle che regolano gli stipendi – debbano essere rispettate. In questo caso siamo di fronte ad una evidente sperequazione. L’adeguamento che ci deve esser dato è stato definito per legge ed in modo chiaro. Ora da anni osserviamo capziose intepretazione volte esclusivamente ad una “diminutio in pejus” del dovuto, e le somme ci vengono riconosciute in ritardo e senza arretrati.
    Pertanto, ritengo che dovremo reclamare CON FORZA quello che lo Stato – con sua legge – si è impegnato a darci, ma dubito fortemente che una categoria come la nostra, spesso passivamente supina e non infrequentemente connivente con il potere centrale, abbia la capacità di reagire con forza a questo sorpruso.
    Ricoridamoci che, soprattutto in Italia, l’importanza percepita di un lavoro è direttamente proporzionale alla sua retribuzione, e questo spiega per quale ragione in questi ultimi venti anni i governi si siano accaniti con vigore con misure che hanno penalizzato quasi esclusivamente la docenza universitaria (ci siamo dimenticati i quasi sei anni di blocco stipendiale, mai più ristorato, e che ancora erodono i nostri stipendi e le nostre pensioni?).
    Infine, una constatazione a margine. Chi non si batte per vedersi riconoscere il dovuto, probabilmente ritiene di non averne diritto.
    Ed ora…attendo di esser lapidato dalle “anime nobili” dei cari colleghi!

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    • Condivido il suo pensiero pienamente…quella di Antonio no… assolutamente… purtroppo chi la pensa così permette che vengano messi i piedi in testa…forse c’è poca memoria appunto nel ricordare il blocco degli scatti…. il passaggio da scatti biennali a triennali..per fortuna solo temporaneo ma che ha avuto il suo peso… senza lamentarsi per carità..ma Antonio si è fatto due conti per vedere quanto è stato tolto???? In termini economici..e di diritto..

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  29. Rimango perplesso nell’apprendere che i docenti universitari godano di scatti biennali pari al 12% della retribuzione. Sono un PO pre Gelmini e l’ultimo scatto (2022) è stato del 3.1% . Fra l’altro non tutti gli scatti biennali sono uguali, quello del 2024 dovrebbe essere più alto, quello del 2026 assai più basso, sempre che non li blocchino. E’ vero che altre categorie non hanno tali scatti, ma se l’adeguamento ISTAT delle retribuzioni ci spetta per legge, la legge andrebbe rispettata.
    Saluti.
    Alberto

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  30. L’ultimo post di Antonio spiega perfettamente perchè come categoria non valiamo e non varremo mai niente. E’ un diritto che viene leso oppure no? E’ una discriminazione rispetto alle categorie contrattualizzate del pubblico impiego, oppure no? Se la risposta è no, taciamo e basta. Se la risposta è sì per Antonio taciamo lo stesso perchè tanto guadagniamo già bene…………scusatemi raccolgo le braccia

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  31. Dunque, l’incremento del 12% biennale era in effetti esagerato, sono andato a memoria, mio errore. Ho ricontrollato e un dato più corretto è di incrementi biennali di circa il 4% annuo, cioè dell’8% circa biennale. Sommando a questo gli adeguamenti ISTAT, diciamo mediamente 1,4% annuo negli ultimi adeguamenti contrattuali, si ottiene un incremento biennale non lontano dall’11% ovvero circa 5,5% annuo.
    A mio parere, resta una buona progressione economica, ammesso che la frequenza biennale sia mantenuta nel tempo, che i contratti del settore pubblico siano rinnovati tempestivamente e che siano rispettati tempi e impegni per l’adeguamento del personale non contrattualizzato.
    Troppe condizioni? Sicuramente, e il blocco è stato lungo e insopportabile.
    Tuttavia, alla levata di scudi seguita al mio intervento rispondo e ribadisco: difficile poter ottenere più di questo nella situazione economica e sociale italiana; speriamo di poter mantenere questo status e che nuove difficoltà economiche non ci riportino ai tempi grami; infine, a me sembra evidente che la condizione relativa dei docenti universitari non sia poi così negativa.
    Purtroppo, la ricetta per spostare sensibilmente verso l’alto tutto lo spettro delle retribuzioni non ce l’ho.

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    • Forse a questo punto abbiamo letto commenti diversi. In quelli che ho visto io, mi sembrava che nessuno volesse «più di questo».
      Stavamo tutti dicendo che vorremmo che ci fosse riconosciuto quello che ci spetta, senza tattiche dilatorie o meccanismi interpretativi distorti tesi a vanificare nei fatti il contenuto delle previsioni poste a tutela del nostro status giuridico ed economico.

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    • Già. Ben detto. Come scrivo qui ormai da un mese, proprio questo (il mancato DPCM) mi sembra il problema su cui concentrarsi. Siamo a fine ottobre, e ancora nulla. Sono stati fatti alcuni solleciti ufficiali, e ancora nulla. Di solito qualche notizia, anticipazione o indiscrezione si riesce a captare, e invece nulla.

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  32. Ferraro ha inviato una lettera alla ministra Bernini relativa alla mancata pubblicazione del DPMC.
    Chi di voi è iscritto alla mailing list del Movimento dovrebbe averla appena ricevuta.

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  33. Come recita il detto: ” meglio tardi che mai”.
    Ritengo che prima o poi il DPCM verrà emanato con buona pace di quanti lo attendono, al più tardi entro le festività natalizie avremo.il decreto e i relativi arretrati dal mese di gennaio 2023.
    Scopriremo anche l’indice percentuale riconosciuto sgombrando il campo da innumerevoli pronostici fatti finora.
    Avrò ragione?
    Vedremo!!

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    • Grazie Dario per questo commento – oserei dire – dirimente.
      In effetti ci hai fatto rendere conto che stiamo discutendo del nulla. Non importa se in un anno il denaro ha già perso il 6% del proprio valore a causa dell’inflazione, a noi va bene così… possiamo aspettare anche Natale 2024: sai che bello ricevere due anni di arretrati?!
      Se poi, sotto Natale (2023), la nostra Presidente del Consiglio dovesse reperire le risorse che le mancano bloccando gli adeguamenti in via retroattiva dal 1° gennaio 2023 (cosa possibilissima, visto che ancora non ce li ha concessi), ci mangeremo sopra una bella fetta di panettone e via, vedremo!

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      • Il decreto più tardivo che si rileva in tabella è del 13 novembre 2020, quindi le mie riflessioni sono fondate e ragionevoli non facendo preludere ad un blocco delle retribuzioni di cui trattasi.
        Voci di corridoio da confermare ritengono realistico un indice istat tra il 2.5% e il 3%.
        Avrò ancora ragione?
        Vedremo!

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        • Correggo: il decreto più tardivo che si rileva in tabella è del 15 marzo 2022, relativo all’adeguamento 2021, quindi con quasi un anno di ritardo. Possiamo stare tranquilli, mancano ancora 5 mesi… 😀

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  34. E se invece gli scatti non fossero automatici e venissero applicati secondo criteri di merito e magari piu’ alti di quelli attuali?

    Al momento non ci sono incentivi nel sistema. Siamo rimasti tra i pochi sistemi accademici al mondo con una progressione di carriera praticamente slegata al merito.

    Sono a conoscenza del fatto che ci sono requisiti minimi in ogni Universita’, ma di solito basta pubblicare su una rivista di bassissimo valore o predatoria come quelle di MDPI per avere gli scatti.

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    • Non parliamo di scatti, ma di adeguamento ISTAT. Sono due cose diverse. Gli scatti di carriera sono biennali e sottoposti ad una valutazione da parte degli organi preposti nei singoli atenei, se non si raggiungono i minimi richiesti non vengono assegnati. L’adeguamento ISTAT è regolato invece da una legge dello stato che dovrebbe rimodulare gli stipendi delle categorie non contrattualizzate (come la nostra) in relazione alla massa di contratti stipulati dai dipendenti della pubblica amministrazione. Non solo quindi tale adeguamento (dovuto per legge) recepisce gli aumenti con notevole ritardo ma va fatto entro aprile di ogni anno, ma siamo a novembre e non se ne parla. Non è chiaro neanche come vengano calcolate le percentuali di incremento e se, come sempre succede nei nuovi contratti, siano dovuti arretrati. La questione è comunque ben spiegata e dettagliata nei post precedenti

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      • Si mi riferivo ai commenti precedenti dove si nominavano gli scatti. So bene che sono distinti dall’adeguamento ISTAT.

        Il mio punto e’ che saremmo meno preoccupati degli 1% se i nostri salari fossero basati sul merito come in altri sistemi. Anche la Germania, un sistema completamente statale come in nostro, ha bonus di fine anno che possono raggiungere anche 15-20% del salario.

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  35. Un’altra bella idea, quella dl collega Paolo. Stiamo di fronte ad una situazione di palese illegittimità a fronte di un Governo che non concede quello sancito PER LEGGE per rendere – parzialmente, con almeno un anno di ritardo e senza concedere arretrati – l’adeguamento all’inflazione, e già operosamente lavoriamo a segare il ramo ove stiamo (scomodamente…) seduti, eliminando anche l’ultimo baluardo verso la definitiva cristallizzazione delle nostre retribuzioni? Sappiamo tutti poi come funziona il cosiddetto “merito” in Italia, soprattutto in ambito accademico. Merito è quello per cui, a fronte delle tre attività della docenza universitaria (ricerca, docenza e compiti istituzionali) si viene valutati quasi esclusivamente sulla prima (vedi la famosa “abilitazione scientifica nazionale” ed i regolamenti concorsuali degli Atenei, che di nuovo sopravvalutano la ricerca rispetto agli altri nostri compiti). E come si fa a valutare la ricerca? Con una serie di parametri che premiano i membri di cordate potenti, che godono di ingenti finanziamenti e, citandosi a vicenda, fanno gonfiare” gli indici citazionali (che contano sia per numero di citazioni che a livello di H-index sia nella famosa abilitazione che nelle procedure concorsuali) a detrimento dei piccoli gruppi.
    In attesa di altra e maggiormente equa definizione di “merito”, permettetemi di optare ancora per l’attuale forma di progressione economica, d’altra parte adottata anche dalla maggioranza delle categorie non contrattualizzate dello Stato.

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    • Queste reazioni mi preoccupano: perche’ non si può parlare di valutazione in maniera ragionata?

      L’Italia siamo noi e dobbiamo cambiare questo sistema per le generazioni future e per evitare l’implosione del nostro sistema universitario.

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  36. Potete pubblicare, per favore, il testo della lettera che il Prof. Ferraro ha inviato alla Ministra? In posta elettronica, finora, non è giunta alcuna comunicazione dal ‘Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria’. Quanto ai tempi di pubblicazione del DPCM, Draghi aveva provveduto a luglio del 2022 …. mentre Conte a novembre del 2021 … . Vedremo cosa accadrà questo autunno … . Probabilmente la Meloni intende porsi in una posizione mediana rispetto ai suoi predecessori?

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    • Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria

      Eccolo. Forse, mio avviso, dovremmo trovare raccordo con sindacati di altre categorie non contrattualizzate e iniziare a verificare una sorta di class-action di tipo amministrativo (TAR, Consiglio di Stato)

      14-10-2023

      Al Ministro dell’Università e della Ricerca, Chiar.ma Prof.ssa Anna Maria Bernini

      Oggetto: Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria – Adeguamento dal 1° gennaio 2023 delle retribuzioni dei Professori e dei Ricercatori Universitari ai sensi dell’art. 24 della legge n. 448/1998.

      Illustrissimo Ministro, Chiar.ma Prof.ssa Anna Maria Bernini,

      ad oggi non ci risulta pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) in applicazione dell’art. 24 della legge n. 448/1998, che prescrive che le retribuzioni dei Professori e dei Ricercatori Universitari, che sono la maggior parte del personale Universitario del Suo Dicastero, debbano essere adeguati annualmente in ragione degli incrementi medi delle retribuzioni, calcolati dall’ISTAT entro il mese di marzo, sulla base dei contratti sottoscritti dalle categorie dei pubblici dipendenti nell’anno precedente.
      Il DPCM che consegue alle rilevazioni dell’ISTAT è prescritto dalla legislazione che sia da emanare entro il mese di aprile e si sono ormai superati largamente i termini prescritti, seppur indicativi.
      Non giova a sminuire il ritardo in atto il fatto che verranno corrisposti gli arretrati dal 1° gennaio del 2023.
      La preghiamo di sollecitare le Istituzioni competenti affinché il ritardo non si aggravi ulteriormente. La preghiamo altresì di volerci far comunicare lo stato di avanzamento del DPCM da emanare.
      Sarà nostra cura informarne i 30.000 Professori e Ricercatori che ci seguono: anche per mettere ordine nelle informazioni che circolano sull’ammontare dell’adeguamento dovuto, che si spingono fino a una stima del 4,9%, valore che, anche dati i livelli dell’inflazione, crea notevoli aspettative nonché ulteriore disappunto per il ritardo in atto.
      Confidando in un Suo cortese riscontro, voglia gradire i nostri più cordiali saluti,

      Carlo Vincenzo Ferraro
      Coordinatore del Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria Già Professore Ordinario al Politecnico di Torino

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  37. I magistrati non devono pubblicare nulla e hanno la progressione automatica…ma cosa c’entra ciò con l’adeguamento ISTAT?

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    • Era così anche per noi, poi sono arrivati i geni della meritocrazia, dell’indiciometria e del tafazzismo che allignano in ampio numero tra di noi ma non sanno nemmeno leggere la propria busta paga e confondono adegamenti istat con scatti da progressione di carriera.

      Rispondi
      • Parlavo di scatti (quelli biennali) per l’appunto e non di adeguamento ISTAT.

        Non rispondo all’attacco ad hominem.

        Rispondi
  38. Certo, sono piu’ serie le riviste che hanno permesso a un ex-ministro della Repubblica di pubblicare (PUBBLICARE) 887 articoli dal 1990 al 2014 e solo nel 2009 di pubblicare 74 articoli (uno ogni 5 giorni, agosto, domeniche e feste incluse)?
    La smettiamo di prenderci in giro con queste valutazioni?

    Rispondi
  39. Risposta a PAOLO:
    Certo, sono piu’ serie le riviste che hanno permesso a un ex-ministro della Repubblica (i dati sono pubblici e reperibili su SCOPUS) di pubblicare (PUBBLICARE) 887 articoli dal 1990 al 2015 e 75 nel solo 2009 (un articolo ogni 5 giorni, agosto, feste e domeniche inclusi)?
    La smettiamo di prenderci in giro con queste valutazioni?
    E poi cosa c’entrano le valutazioni con adeguamento ISTAT, che serve solo per recuperare, in parte il potere di acquisto dello stipendio?

    Rispondi
  40. In effetti, la chiosa di Paolo sulle pubblicazioni e sulle valutazioni è assolutamente fuori contesto e denota una incomprensione totale della questione relativa all’adeguamento Istat delle retribuzioni dei docenti universitari. Se è tanto scontento del sistema di valutazione in essere – che è già uno dei più assurdi al mondo – gli consiglio di provare ad insegnare in una Università di un Paese diverso dall’Italia e ad essere valutato lì: può essere che così resterà contento.
    Purtroppo sono uscite del genere che danneggiano la nostra categoria, ieri come oggi …

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    • Mi riferivo a scatti nel mio post e non ad adeguamenti ISTAT.

      Non rispondo all’attacco ad hominem gratuito.

      Queste reazioni forti sono sintomo di una certa preoccupazione di rivedere meccanismi che non fanno bene al nostro Paese.

      Rispondi

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