Gli Assegni di Ricerca (AdR) istituiti con l’art. 22 della legge 240/2010 (Gelmini) non hanno i requisiti per concorrere a posizioni di Ricercatori a Tempo Determinato di tipo b (RTDb); infatti, l’art. 24 comma 3 della medesima legge che disciplina gli RTDb dice
contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.
Tecnicamente l’art. 22 è una nuova norma, e non una modifica dell’art. 51 comma 6 della legge 449/1997 come ad esempio è avvenuto per mezzo dell’art. 1 comma 1053 della legge 296/2006, da cui la mancanza di requisiti per questa nuova tipologia di assegni di ricerca.
Tra l’altro, l’art. 51 (che disciplinava gli assegni di ricerca pre-Gelmini) è stato poi abrogato dall’art. 29 comma 11 lettera d della legge 240/2010, così come l’art. 4 della legge 398/1989 (che disciplinava le borse post-dottorato) per mezzo dall’art. 29 comma 11 lettera b della stessa legge.
La ratio legis è chiara: si introducono due nuove figure di ricerca, e per accedere alla seconda (RTDb) si deve necessariamente passare per la prima (RTDa). Solo per coloro che in passato hanno fruito di figure alternative (che ora vengono abolite, per cui non potranno più essere messe a bando) c’è la possibilità di farle valere utili ai fini dell’accesso.