Adeguamento stipendiale ISTAT

L’adeguamento degli stipendi dei docenti e ricercatori universitari è previsto dall’art. 24 comma 1 della legge 448/1998 sulla base degli incrementi medi nell’anno precedente delle retribuzioni dei dipendenti pubblici contrattualizzati

A decorrere dal 1 gennaio 1998 gli stipendi, l’indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica, sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.

come confermato anche dall’art. 5 comma 1 del DPR 232/2011 che regola il passaggio al nuovo regime della legge 240/2010 (Gelmini)

Fermo restando quanto previsto dall’articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le tabelle di cui agli allegati 1, 2, 3 e 4 sono aggiornate ai sensi dell’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

Viene calcolato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) e determinato annualmente (entro il 30 aprile) con un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), con decorrenza dal 1 gennaio dell’anno in questione (e conseguente corresponsione dei mesi arretrati rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).

Si riportano di seguito i decreti e relativo adeguamento percentuale degli anni precedenti (ricordando che nel quinquennio 2011-2015 tale adeguamento è stato bloccato per i docenti universitari, così come gli scatti stipendiali, e sino al 2018 vi è stato il blocco della contrattazione per tutto il pubblico impiego)

Anno Decreto Adeguamento
2024 3.2% (13) 4.4% (14) 4.80% (15)
2023 DPCM 08/01/2024 (12) 1.50% (8) 2.80% (9) 4.90% (10) 0.98%(11)
2022 DPCM 25/07/2022 0.45% (7)
2021 DPCM 15/03/2022 0.91% (6)
2020 DPCM 13/11/2020 1% (4) 1.71% (5)
2019 DPCM 03/09/2019 2.28% (3)
2018 DPCM 03/09/2019 0.11% (2)
2017 0.00%
2016  0.00% (1)
2011-2015
2010 DPCM 30/04/2010 3.09%
2009 DPCM 29/04/2009 3.77%
2008 DPCM 07/05/2008 1.77%
2007 DPCM 27/04/2007 4.28%
2006 DPCM 02/10/2006 2.23%
2005 DPCM 13/04/2005 2.82%
2004 DPCM 14/05/2004 1.38%
2003 DPCM 20/06/2003 2.75%
2002 DPCM 17/05/2002 4.31%
2001 DPCM 28/05/2001 2.60%

(1) in base alla nota ISTAT di marzo 2016 (qui leggasi il comunicato stampa), restando in attesa di conferma da parte del DPCM

(2) così richiama la circolare 31/2018 della Ragioneria dello Stato sul bilancio di previsione per l’esercizio 2019

(3) valore indicativo in base all’aumento della retribuzione complessiva dei comparti istruzione e ricerca (qui la circolare 31/2018 della Ragioneria dello Stato sul bilancio di previsione per l’esercizio 2019, e qui il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2016-2018 per il personale non docente dell’università), sanità, enti locali e funzioni centrali, e mancando ancora l’adeguamento per il rinnovo dei contratti dei dirigenti. Si veda inoltre il comunicato stampa dell’ISTAT per il trimestre ottobre-dicembre 2018. L’aumento della retribuzione del personale docente sarà (vedi nota della CGIL) di circa il 3.4%, distribuito nel triennio relativo al rinnovo dei CCNL, ovvero uno 0.11% nel 2018 (vedi nota (2), la precedente), un 2.28% nel 2019 e circa l’1% nel 2020 (in attesa degli adeguamenti stipendiali residuali)

(4) si veda la nota precedente per comprendere la motivazione

(5) si veda il link nel mio commento del 14/12/2020

(6) in base al comunicato stampa dell’ISTAT di aprile 2021 si ipotizzava lo 0%

(7) come stimato nella nota ISTAT del 31/03/2022 citata nella circolare #23 del 19/05/2022 del MEF

(8) in base alla nota trimestrale ISTAT del 28/10/2022

(9) in base alla nota trimestrale ISTAT del 31/01/2023

(10) in base alla nota trimestrale ISTAT del 28/04/2023

(11) si veda la circolare del MEF #29 del 03/11/2023, e la nota della CGIL dell’08/11/2023 sulla differenza nel calcolo rispetto alla nota ISTAT

(12) si veda l’interrogazione parlamentare del senatore Francesco Verducci riguardo il ritardo nell’emanazione del DPCM

(13) in base alla nota dell’ARAN del 30/10/2023

(14) in base alla nota dell’ARAN del 31/01/2024

(15) in base alla circolare del MEF #16 del 9/04/2024

655 commenti su “Adeguamento stipendiale ISTAT”

  1. Nel sito di ARAN al seguente indirizzo:
    https://www.aranagenzia.it/attachments/article/3183/Contr_2023%20-%20III%20trimestre.pdf
    è uscita la tabella delle RETRIBUZIONI CONTRATTUALI: aggiornamento al comunicato stampa ISTAT del 27 ottobre 2023 (luglio/settembre 2023).
    La tabella conferma l’1% per 2023 ed un minimo di circa 3.2% per il 2024, questo nel caso non si riscontrino rinnovi contrattuali tra ottobre e dicembre 2023. Essendo gli aumenti tendenziali dei primi 9 mesi del 2023 oramai delineati, si sta convergendo verso l’aumento per il 2024, il calcolo si basa su una stima degli aumenti tendenziali degli ultimi 3 mesi che si possono ipotizzare a 2.7, 1.9 e 1.8, sottraendo all’aumento tendenziale di settembre 2023 che è 2.8 in successione 0.1, 0.8 e 0.1 (che corrispondono agli incrementi degli ultimi tre mesi del 2022).
    Per tanto i dati pubblicati da ARAN indicano che ci sarà un aumento dell’1% nel 2023 e del 3.2% (o poco di più) per il 2024. Sia mai che vogliano aspettare fino al 2024, pubblicando i DPCM insieme per far digerire il misero 1% del 2023, con l’emanazione contemporanea del più cospicuo adeguamento per il 2024?
    Chiederei cortesemente a chi riporta dati, stime varie, voci di corridoio, di approfondire e indicare le fonti, altrimenti sembrano interventi fatti esclusivamente (volontariamente?) per creare confusione, arricchendo il tutto con considerazioni che non centrano nulla, che portano ad avviare discussioni sterili perdendo di vista i problemi reali e concreti che sono stati ben documentati e segnalati da numerosi interventi, quali il mancato stanziamento di fondi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, seguito dal conseguente ritardo dei meccanismi di adeguamento e la mancanza, che si nota inequivocabile fino ad ora, della revisione degli aumenti medi degli anni precedenti, e quindi dei DPCM, sulla base degli arretrati percepiti dalle categorie contestualizzate.

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    • Si è detto più volte nei post precedenti che l’aumento per quest’anno è previsto per lo 0.98%. Il dato è già definitivo, manca solo la pubblicazione. Quindi il dato aran è corretto (ovviamente). per il 2023 l’aumento è misero.

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      • Ma dunque quello che viene ripetuto più volte diventa vero? Ah, è interessante. Mi fa capire molte cose sulle fake news. Non dico che non possa essere come dice, per carità, ma non sapevo si trattasse di una granitica certezza. “Definitivo” vuol dire che il DPCM è stato firmato ma ancora non pubblicato in Gazzetta Ufficiale: possiamo vederlo? L’anno scorso era visibile molto prima della pubblicazione. Ci mette cortesemente il link per visionarlo? Grazie!

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        • I calcoli sono ben fatti e ci sono tutti i riferimenti ai documenti dove i dati sono riportati. Le consiglio di rileggere i post precedenti se non è convinto, troverà tutte le informazioni riguardo al metodo di calcolo, i vari riferimenti dei documenti pubblicati da ARAN sulla base di dati ISTAT e l’origine del 4.9% del comunicato ISTAT, che non riguarda tutto il complesso PA contrattualizzato ma solo i non dirigenti. l’1% circa come risultato del meccanismo di calcolo applicato da oltre 20 anni ad ora è consolidato, rimangono incognite eventuali considerazioni sugli arretrati, che sarebbero dovuti a seguito di una revisione degli incrementi medi in quanto i contratti sono stati approvati in ritardo. Purtroppo, e questo è il senso del mio ultimo intervento, non si nota alcuna revisione nell’ultimo comunicato, pertanto ad ora non si trova nei dati disponibili alcun segnale che possa indicare un cambiamento volto al ricalcolo. Rimane il dubbio su come l’attuale governo considererà questa situazione limite, in cui il meccanismo di calcolo e il ritardo dei rinnovi rallentano gli adeguamenti nel contesto di un inflazione alta, i dati dicono che in passato, anche in presenza di situazioni simili, non è stato mai fatto nulla in tal senso, ovvero il meccanismo di calcolo è stato sempre lo stesso. Al momento non ho trovato alcun dato in cui si ipotizzi questa revisione, tranne la nota della CGIL dell’Agosto 2022 i cui riferimenti si trovano in precedenti interventi, nulla da parte di ISTAT nulla da parte di ARAN e tanto meno comunicati da parte del governo in tal senso.

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          • Grazie per l’ampia precisazione. Intendevo semplicemente dire che, più che parlare di dato “definitivo” in attesa di pubblicazione (purtroppo, invece, temo che ancora manchi la firma, dopodiché negli anni precedenti sono occorsi ulteriori mesi…), si sarebbe potuto dire che in base alle considerazioni svolte tutto lasciava intendere che oramai la percentuale applicata fosse quella dell’0,98%.
            Rimane dunque il fatto che, stando così le cose, occorrerebbe muoversi davvero affinché questa iniquità non si perpetuasse anche in futuro. Se le cose rimangono invariate e l’inflazione galoppa, il potere di acquisto dei nostri salari si ridurrà sensibilmente nel giro di pochi anni

  2. Tutto quello che esce dopo il comunicato ISTAT citato da Maurizio Zani all’inizio di questa pagina non ha significato. A quello bisognerebbe far riferimento, visto che il DPCM sarebbe dovuto uscire mesi fa. Non so se l’incremento sara’ 1% o 4.9% come ipotizzato anche da Carlo Ferraro. Non mi spiegherei un valori diverso dal 4.9% visto che la normativa è chiara. Ma e’ inutile tirar fuori comunicati, si aspetta il DPCM e basta…

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  3. sinceramente non capisco tutta questa discussione sulle percentuali. Fermo restando il ritardo nell’emanazione del DPCM che è assolutamente ridicolo, l’adeguamento non può discostarsi dal 4,90% in quanto la nota Istat viene citata a premessa del Decreto stesso. Tutti gli altri numeri evidenziati nei post precedenti sono fuori luogo nonché alimentatori di ansie e nervosismi. Saluti

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    • Temo che le note ISTAT citate nei decreti non siano quelle trimestrali pubblicamente disponibili, ma siano note non disponibili online che calcolano “la variazione complessiva delle retribuzioni contrattuali pro capite dei pubblici dipendenti, esclusi il personale di magistratura ed i dirigenti non contrattualizzati, tra l’anno x-2 e l’anno x-1”, dove l’anno x è l’anno di emanazione del DPCM.
      Per esempio, per l’ultimo decreto del 2022, la nota ISTAT era la n. 600718/22 del 9 marzo 2022… introvabile in rete.

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    • Consiglio di rileggere attentamente gli interventi precedenti, dove viene anche chiarita dati alla mano l’origine del 4.9% nella nota ISTAT che cita.

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    • Grazie! Finalmente un dato certo. Era comunque evidente che i calcoli di Mauro erano esatti. Almeno ora sappiamo quali dati consultare.
      Aspettiamo dunque il 2024 per un adeguamento più sostanzioso.

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  4. L’Art. 24 Comma 2 (legge 23 Dicembre 1998 n. 448) si riferisce alla nota ISTAT emessa entro il mese di marzo dell’anno corrente.

    Il 4.9% ISTAT e’ del 28 Aprile 2023 (purtroppo) … ma il 2.8% ISTAT di Gennaio 2023 rientra a pieno nelle indicazioni di legge.

    A mio avviso lo 0.98% della circolare del 3 Novembre 2023 non rispetta comunque le indicazioni delle leggi vigenti.

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    • Credo che sia necessario aspettare il dpcm, il documento della corte dei conti citato ha solo finalità di contenimento della spesa pubblica e non sembra esser minimamente correlato alle note dell’ISTAT.

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      • Vorrei illudermi anche io ma, se hai letto la circolare, viene citata proprio la nota istat, dalla quale è tratto il famoso 0,98%.

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    • Nel DPCM devono citare una nota ISTAT, per esempio per l’anno scorso in gazzetta uff. risultava:

      Vista la nota in data 9 marzo 2022, n. 600718/22, con la quale l’Istituto nazionale di statistica ha comunicato che la variazione complessiva delle retribuzioni contrattuali pro capite dei pubblici dipendenti, esclusi il personale di magistratura ed i dirigenti non contrattualizzati, tra il 2020 e il 2021 e’ risultata dello 0,45 per cento;

      Detto questo dovrebbe essere presente la nota ISTAT dove risulta lo 0.98%. Se e’ presente dove si trova? Se non e’ presente lo 0.98%, se applicato, sarebbe contro la normativa. Ovviamente nessuno dira’ nulla perche’ noi non contiamo nulla…
      Detto questo anche io vorrei sapere dove e’ stato ufficializzato lo 0.98%

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  5. Chieste tempo fa le circolari di riferimento degli anni passati, questa la risposta:

    Gentile (Utente)​
    data la natura della documentazione oggetto della sua richiesta, la invito a riformulare la stessa proponendo una rituale istanza di accesso che sarà vagliata dai competenti uffici dell’Istituto.

    A questo link trova le modalità per effettuare l’istanza.

    https://www.istat.it/it/amministrazione-trasparente/altri-contenuti/accesso-civico

    Cordiali saluti.

    Sono circolari “blindate” a quanto pare…

    Rispondi
  6. Questa la Richiesta:

    Oggetto
    Note variazione complessiva delle retribuzioni contrattuali pro capite dei pubblici dipendenti, esclusi il personale di magistratura ed i dirigenti non contrattualizzati

    Data/ora apertura 31/08/2023, 12:39

    Descrizione
    Buongiorno, non riesco a trovare le note:
    – 31 marzo 2021, n. 1055761/21
    – 31 marzo 2020, n. 0697134/20
    – SP/200.16 del 18 marzo 2016 e n. UP/250374 20 marzo 2017
    – 29 marzo 2018, n. 0614369/18
    – 26 marzo 2019, n. 0609494/19
    – SP/200.16 del 18 marzo 2016 e n. UP/250374 20 marzo 2017
    – 26 marzo 2019, n. 0609494/19

    in generale mi servirebbero le note prese a riferimento per emanare i DPCM (es: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/09/12/22A05112/sg) che stabiliscono l’adeguamento stipendiale dei Dirigenti e un metodo per trovare quelle di prossima emanazione.
    Grazie.

    Rispondi
    • Forse sono note con date taroccate 🙂 … e’ una battuta per carità …

      a questo punto … turiamoci il naso e fidiamoci dei “timonieri” e dei “generatori di numeri” e basta ciarle 🙂

      importante e’ che con questi metodi i numeri piu’ importanti della intera nazione siano a posto … me lo auguro … altrimenti altro che adeguamenti ISTAT …

      secondo me vanno a naso o a spanne come suol dirsi 🙂

      come si potrà mai combattere seriamente l’evasione fiscale in Italia con questi approcci “numerici” e “carta-fumosi” … mistero

      pero’ c’e’ un pero’ … la legge di riferimento recita che il DPCM deve essere emesso “entro il 30 aprile di ciscun anno” … ammettiamo pure che la nota ISTAT da usarsi adesso fosse davvero disponibile entro il 31 marzo 2023, perche’ aspettare novembre per emettere il DPCM ?

      Rispondi
  7. Circolare del 3 nov. us del Ministero dell’Economia e delle Finanze:
    “Con riferimento al personale non contrattualizzato, in merito all’aggiornamento annuale relativo all’anno 2023, occorre tenere conto della comunicazione ISTAT riferita
    all’adeguamento retributivo per il medesimo anno, pari allo 0,98 per cento, che dovrà essere recepita nell’apposito d.P.C.M. in corso di perfezionamento, ai sensi dell’articolo 24, comma 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ai fini dell’accantonamento per i relativi oneri da effettuare nei rispettivi bilanci”.
    Più chiaro di così?

    Rispondi
    • Chiarissimo,

      ma la questione e’ che Gianluca ha postato gia’ il 4 Novembre la nota con il link alla circolare ministeriale … l’abbiamo letta tutti credo … ma sembrava che la tua perentorietà (del 6 novembre) derivasse dal fatto che hai sotto mano la famosa nota ISTAT che dovrebbe recare il riferimento tecnico al famigerato 0,98% (perche’ non 1% 🙂 … ci prendono per i … )

      tutto qui

      Rispondi
      • No, chiedo scusa, la nota non ce l’ho, anche se oramai si tratta di attendere ancora qualche giorno e sarà ufficializzata. Sei mesi e passa di ritardo per avere 40 euro…I non contrattualizzati sono diventati la cenerentola della PA…

        Rispondi
  8. Dal Sole24Ore di oggi 15 Nov 2023

    “La Corte dei conti certifica il contratto 2019/2021 dei vertici di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici non economici. Aumenti da 334 euro al mese e arretrati medi da 10.500 euro”

    “… Gli interessati sono 6.200 fra dirigenti (poco più di 4mila) e professionisti al lavoro in agenzie fiscali, ministeri ed enti pubblici non economici come Inps, Inail, Enac e via dicendo … ”

    noi tapini siamo in attesa del DPCM …

    cari saluti a tutti

    Rispondi
  9. Un misero 0, 98 per cento … per quanto verrà erogato, poi! Il problema è che i docenti universitari dobvrebbero, d’ora in avanti, rifiutarsi di essere i ‘consulenti del Principe’ e disertare tutte le occasioni di collaborazione con la politica (intesa in senso ampio); ciò fino a quando non ci sarà una reale valorizzazione della dignità della funzione da essi svolta.
    Mi chiedo, nel merito del DPCM, alla sua emanazione non sono interessati – come noi – i magistrati e le forze dell’ordine … o per essi vale un regime differente di non contrattualizzazione?

    Rispondi
    • Ecco il modello del “nostro” DPCM: «A decorrere dal xxxxxxx, le misure degli stipendi, dell’indennita’ integrativa speciale e degli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari, degli ufficiali superiori e degli ufficiali generali e ammiragli delle Forze armate e del personale con gradi e qualifiche corrispondenti dei Corpi di polizia civili e militari, in vigore alla data del 1° gennaio xxxxx, sono incrementate in misura pari allo xxxxx per cento».
      Se ne deduce che le forze dell’ordine sono incluse, ma i magistrati no.

      Rispondi
    • Per le Forze Armate e dell’Ordine, vige lo stesso sistema. Sarà 0,98 % anche per noi. Per i Magistrati è diverso, sono svincolati e i loro stipendi viaggiano, viaggiano…

      Rispondi
    • I magistrati e i dirigenti delle FF.AA e FF.OO. , parimenti ai docenti universitari, sono interessati all’emanazione del DPCM.
      Gli incrementi stipendiali per costoro, oltre all” indice istat, si concretizza con la corresponsione di uno scatto biennale a partire da una certa anzianità, pari al 6% dello stipendio mensile lordo.
      In buona sostanza, un dirigente militare prossimo alla fine carriera intasca un aumento biennale netto pari a circa 95 euro.

      Rispondi
  10. … forse l’idea di fondo di qualcuno (non solo del/dei politico/i di turno di competenza … che cambiano sempre abbastanza rapidamente) e’ quella di “convincerci” che sarebbe meglio per tutti noi “passare” alla contrattualizzazione della nostra “categoria” (mi riferisco al personale docente della universita’) … si perderebbe ancora di piu’ quel poco di “libertà” (organizzativa, di ricerca, di studio, di didattica) che ci resta … operazione di totale liceizzazione della università

    Rispondi
  11. Per favore, un quesito per quanti abbiano avuto modo di approfondire la legislazione vigente. I magistrati e le forze dell’ordine sono, come nel caso della docenza universitaria, interessati dall’adozione di questo ‘mitico’ DPCN … o per essi vale un regime differente di non contrattualizzazione? Grazie a chi vorrà fornire una risposta esaustiva … che potrebbe anche chiarire l’assenza di mobilitazione di altre categorie di fronte ad una lampante inosservanza della legge …

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  12. Segnalo questo articolo di notiziario d’area Forze armate che stigmatizza l'”irrisorio” adeguamento ISTAT. https://infodifesa.it/militari-e-forze-di-polizia-in-arrivo-adeguamento-economico-per-il-personale-non-contrattualizzato-gli-importi/

    Credo che si dovrebbe fare fronte comune – anche con iniziative di tipo giurisdizionale – con tutte le categorie interessate e riunire le assolutamente legittime istanze, a fronte di un aumento del costo della vita del 18%.

    Altra notizia captata informalmente: pare sia in procinto di essere prodotta un’interrogazione parlamentare sul ritardo inaccettabile del DPCM.

    Rispondi
  13. Una interrogazione parlamentare mi pare più che doverosa, dato il fortissimo ritardo con cui questo irrisorio adeguamento verrebbe ad essere corrisposto (quando ciò avverrà, ben inteso). Per altri comparti si sono buttati fiumi di denaro in sede di rinnovi contrattuali .. per noi sempre le briciole, anche in spregio ad una nota Istat che calcola una entità del 4,90 per cento di adeguamento e non la miseria dello 0,98!!! Possibile mai che l’Università e il comparto Sicurezza debbano sempre essere trattati come le ‘cenerontole’ del pubblico impiego? Una situazione a dire poco vergognosa …

    Rispondi
  14. Adeguamento triennale degli stipendi e delle indennita’ del personale
    di magistratura ed equiparati. (21A05645)
    (GU n.229 del 24-9-2021)

    Preso atto che, con nota in data 1° aprile 2021, protocollo
    generale n. 1082041/21, l’Istat ha comunicato alla Presidenza del
    Consiglio dei ministri che, in accordo con quanto previsto dalla
    metodologia condivisa dalla Ragioneria generale dello Stato con la
    predetta nota del 24 novembre 2020, la variazione della retribuzione
    media pro capite complessiva dei pubblici dipendenti, esclusi il
    personale di magistratura e i dirigenti non contrattualizzati, nel
    triennio 2018-2020, e’ pari a + 4,85 per cento;

    Considerato che, ai sensi dell’art. 2 della legge 19 febbraio 1981,
    n. 27, gli acconti per gli anni 2022 e 2023 vanno determinati nella
    misura del 30 per cento della variazione percentuale dell’adeguamento
    triennale da applicare dal 1° gennaio 2021, pari al 4,85 per cento e
    che da tale determinazione risulta una percentuale di ulteriore
    aumento, arrotondata alla seconda cifra decimale, pari all’1.46 per
    cento per ciascuno dei predetti anni, con decorrenza,
    rispettivamente, dal 1° gennaio 2022 e dal 1° gennaio 2023;

    Anche il personale appartenente alla magistratura ha un sistema di adeguamento degli stipendi simile al nostro basato su indici ISTAT tuttavia i loro aumenti sono molto più consistenti dei nostri

    Rispondi
  15. Non è vero che siamo sempre stati trattati come le cenerentole, il problema degli ultimi anni deriva dal fatto che il meccanismo di adeguamento non è interpretato in modo da adeguarsi ai rinnovi contrattuali tardivi, pur esistendoci una clausola nella legge che prevede un conguaglio nel caso di dati mancanti. I dati di per sé possono mancare perché nessuno li ha elaborati, ma anche perché l’informazione utilizzata per calcolare la percentuale è incompleta; ovvero una parte dei dati mancava a causa dei rinnovi tardivi. Lo stesso problema si è verificato con i ritardi dei rinnovi contrattuali del 2015-18 ma è stato meno evidente e penalizzante per 3 fattori: 1) il rinnovo si è verificato prima, ovvero nel 2018, e non un anno dopo la scadenza (nel 2022) come ora; 2) il rinnovo è stato a meta’ del 2018 e non a fine 2022 come ora, per cui è stato in parte recepito nel 2019 mentre ora verrà recepito solo nel 2024; 3) l’inflazione non era cosi’ alta. Non mi risulta che ci sia stata alcuna interrogazione parlamentare allora, ci sarà qualcuno tra i politici (qualche collega?) in grado di presentarne un’interrogazione parlamentare ora in questi termini concreti?

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    • In merito alla mia valutazione sul fatto di essere le ‘cenerentole’ del pubblico impiego, questa osservazione trae fondamento da due constatazioni concrete: 1) il protrarsi del ritardo nella emanazione del DPCM costituente, in sè, un atto dovuto in tempi certi e cadenzati, come prescritto da una legge della Repubblica; 2) la verosimile applicazione di una percentuale di adeguamento dello 0,98 e non del 4,90, come da nota ISTAT della scorsa primavera.
      Se queste evidenze non sono testimonianza di un trattamento deteriore del comparto della docenza universitaria, non vorrei che – nei timori di qualcuno – ci sia la prospettiva di penalizzazioni ben più dolorose (e da noi già patite nel periodo 2011-2018) …..

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        • Il default? Non credo, dato che ad altri comparti sono stati elargiti adeguamenti ben più sostanziosi … . Non penso che le casse dello Stato possano andare a gambe all’aria per un misero aumento di 40 euro mensili … .
          In merito all’ipotizzata interrogazione parlamentare, è verosimile che qualcuno dei nostri colleghi che attualmente sono deputati o senatori possano farla … o è solo una bella speranza?

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  16. Una precisazione a seguito di alcuni approfondimenti, a seguito di informazioni reperite da ARAN e ISTAT:
    i dati statistici riportati da ARAN nella nota qui sotto ed in tutti i suoi precedenti rapporti:
    https://www.aranagenzia.it/attachments/article/3183/Contr_2023%20-%20III%20trimestre.pdf
    alla voce Complesso PA, riguardano tutto il complesso della pubblica amministrazione noi inclusi.
    Essendo la nostra categoria solo una piccola parte del complesso PA influiamo poco, e pertanto le media degli aumenti tendenziali del complesso PA si può considerare una buona stima degli incrementi ISTAT che ci aspettano nei DPCM. Le differenze rispetto agli aumenti stabiliti dai DPCM (ad esempio la differenza tra lo 0.98% rispetto all’1% per il 2023) derivano da questo aspetto e non da arrotondamenti come erroneamente pensavo. Ovvero i nostri incrementi vengono calcolati su dati lievemente diversi che non sono disponibili, e le piccole differenze rispetto al complesso PA sono causate da questo. In questo contesto è confortante il fatto che la sommatoria degli importi dei DPCM a partire dal 2003 è paragonabile alla sommatoria delle medie degli aumenti tendenziali calcolate a Dicembre per tutto il complesso PA (25.79 vs 25.7). Rimane aperto il problema degli arretrati, relativamente a questi, vorrei provare a stimare quanto la nostra categoria perde a seguito del mancato aggiornamento retroattivo dei dati su cui viene fatto il calcolo. Credo che questo sia un passo importante per mettere in evidenza il problema in modo concreto.

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    • Vorrei ringraziare Mauro per la lucidità dei suoi commenti e l’ultilità dei suoi calcoli, che ci stanno progressivamente chiarendo i termini di una situazione di cui nessuno aveva finora una vera comprensione (inclusi i sindacati!).

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  17. Purtroppo io temo che il DPCM non arriverá quest’anno come successo nel 2021. Bisognerebbe sensibilizzare qualche collega che siede in Parlamento per capire perché di questi ritardi che hanno sempre accumunato i vari governi, di qualsiasi colore

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    • La ministra della università e’ nostra collega (prof) … sicuramente e’ al corrente della situazione

      piu’ di cosi’ …

      per cio’ che riguarda le università c’e’ il problema del FFO che di fatto e’ sostanzialmente fisso e sul quale si vanno a caricare tutti gli incrementi stipendiali del personale (di qualunque tipo: docente e non), le spese correnti e tutto il resto ecc … (spese in parte coperte dalle tasse di iscrizione degli studenti e da altre voci di introito)

      andrebbe aumentato, e in maniera importante, il Fondo di Finanziamento Ordinario delle Università

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      • Che l’FFO debba essere aumentato non c’è dubbio alcuno, ma da questo non dipende in alcun modo la scelta (puramente politica e punitiva) di non emanare il DPCM, che – sottolineo – riguarda anche dirigenti di Polizia e alti gradi militari. Credo che bisognerebbe concertare con le rappresentanze sindacali di queste categorie, numericamente esigue ma politicamente rilevanti, qualche forma di sacrosanta protesta (se non di azione giudiziaria).

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        • Il collega Mancuso ha perfettamente ragione. Una cosa è il Fondo di Finanziamento Ordinario, altra gli scatti e altra ancora l’adeguamento annuale Istat. Confondere i tre piani non è una operazione positiva e, anzi, può risultare controproducente ai fini del conseguimento di quanto previsto dalla legge.
          Mi auguro che il Prof. Ferraro e il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria possano, anche concertandosi con le altre categorie interessate dal provvidemento atteso, democraticamente protestare nelle forme legalmente consentite. È ora di dire basta al modo in cui siamo trattati!

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        • La butto li’ … come diceva quello … a parlar male ecc … secondo me i nostri rettori hanno chiesto di tirare il freno a mano … per quanto riguarda la protesta … siamo una categoria con “la puzza sotto il naso” per non dire altro … io sono tra quelli che qualche hanno fa ha scioperato … altri colleghi che snobbavano l’iniziativa e “se la facevano sotto” (alcuni per evidenti per motivi di carriera) adesso incassano tranquillamente gli scatti biennali (ripristinati) richiesti e ottenuti da una minoranza di “peones” universitari

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  18. Il Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria, su impulso del Prof. Ferraro, ha già inviato, mesi fa, una garbata lettera di sollecito alla Ministra, affinché essa sensibilizzasse sul tema la Presidente del Consiglio. La lettera è stata resa nota nella newsletter che, periodicamente, il Movimento invia ai colleghi iscritti. Mi pare, tuttavia, che il tutto sia, fino ad oggi, con scarsi risultati …. mentre gli altri comparti fruiscono già di aumenti significativi ed adeguati ai tassi reali di inflazione … . Senza parole.

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    • Anch’io sono iscritto e ho visto il sollecito. Trovo però incomprensibile che il Movimento non dica una parola sulla questione del rinnovo tardivo dei contratti e degli arretrati non corrisposti benché diversi di noi abbiano sollecitato Ferraro in questo senso. A me pare che sia una questione molto più importante del ritardo (seppur scandaloso e inaccettabile) di un DPCM con cui, come ormai sappiamo, ci verranno riconosciuti pochi spiccioli.

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  19. Come già segnalato in precedenza, la CGIL ha stimato le perdite per la tardiva emanazione del DPCM, ma soprattutto per il ritardo con cui i contratti pubblici vengono rinnovati, che per la docenza universitaria diventano 1 o 2 anni in più a causa del meccanismo di calcolo e dello slittamento che ne consegue.

    https://www.flcgil.it/universita/docenti/legge-di-bilancio-2024-contratti-pubblici-e-stipendi-dei-docenti-universitari.flc

    In pratica la parte più consistente dell’adeguamento stipendiale dovuto ai rinnovi dei contratti 2019-2021 della PA noi li vedremo a partire dal 1.1.2024, quando uscirà il DPCM 2024, mentre aspettiamo ancora il DPCM 2023 con una parte più esigua dell’adeguamento. Come ci ha fatto capire Mauro nell’approfondimento del meccanismo di calcolo, quest’anno dovremmo avere il famoso incremento di 0.98% mentre dal prossimo anno l’incremento sarà qualcosa in più del 3.2%.
    Mentre i vari CCNL prevedono il pagamento degli arretrati a partire dal 2019, nel nostro caso non sono previsti; pertanto, in base a questi valori presunti, perdiamo almeno il 4,2% di adeguamento per circa 4 anni (dal 2019 al 2022) ed il 3,2% per 1 anno (il 2023, anno in cui percepiremo anche se in ritardo lo 0,98% di adeguamento).
    Senza parlare poi dei rinnovi CCNL 2022-2024, per i quali già stiamo perdendo il 2022 ed il 2023.
    Ora io non so come sono state calcolate le perdite nell’articolo della CGIL, ma se ognuno di noi calcola la percentuale del 4,2% del proprio stipendio e lo moltiplica per 48 mensilità, e a questo aggiunge il 3,2% del proprio stipendio per 12 mensilità può ottenere le perdite relative al meccanismo di calcolo relativamente ai rinnovi dei CCNL 2019-2021.
    Ho fatto la prova con il mio stipendio ed i valori dell’articolo CGIL sono assolutamente verosimili.
    Penso che questo ci debba far valutare seriamente delle possibili azioni e iniziative da intraprendere a livello di categoria.

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  20. Scusate, ad essere più precisi, il 2019 non andrebbe considerato nei calcoli per noi docenti, in quanto la legge prevede che dovremmo percepire gli adeguamenti dal 1 gennaio dell’anno successivo, pertanto il 4,2% andrebbe moltiplicato per 36 mensilità (anni 2020, 2021 e 2022), ed il 3,2% moltiplicato per 12 mensilità (anno 2023).

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    • Purtroppo no. 0,98% vale dal 1 gennaio 2023, il 3,2% (teorico) dal 1 gennaio 2024. Tutto il pregresso è andato perduto

      Rispondi
    • In realtà il 4.2 si acquisirebbe solo a partire dal 2022, in quanto i contratti triennali rinnovati prevedono aumenti progressivi anno dopo anno. Ipotizzando che le percentuali presentate da CGIL nel calcolo delle perdite (che sono le stesse della nota datata Agosto 2022, ovvero: 0.85% dal 1 gennaio 2019, 1.57% dal 1 gennaio 2020 e 3.78% dal primo gennaio 2021) e rapportando queste sulla scala di 4.2 (l’aumento tendenziale relativo ai rinnovi contrattuali tardivi nel semestre che va dall’ultimo trimestre del 2022 e del primo 2023), assumendo insomma che tutti i contratti triennali hanno avuto progressioni simili, si ottiene: 0.94% per il 2019 e 1.74% per il 2020 ed il 4.2% per il 2021. Pertanto volendo stimare le perdite dovute al non riconoscimento degli arretrati per uno stipendio netto di 40000 Euro all’anno che corrisponde a circa 3100 Euro al mese (13 mensilità) si ottiene quanto segue: 0.94% da Gennaio 2020 (376 Euro) più 1.74% da gennaio 2021 (696 Euro) più 4.2% da gennaio 2022 (1680 Euro) a cui va sommato il 3.2% per il 2023 (1280 Euro), per un totale di 4032 Euro circa.

      Rispondi
      • Ti ringrazio Mauro, ogni volta che rispondi riesco a capire qualcosa di più di questo meccanismo.
        Mi sembra comunque di capire che il tuo calcolo non è molto diverso da quello della CGIL e non dovrebbe differire molto da quello reale, che dovrebbe considerare che ogni rinnovo di contratti triennali ha avuto delle progressioni specifiche.
        In sintesi qualcuno di noi ha fino ad oggi “perso” 4000 euro, chi ha una classe più alta e gli ordinari anche molto di più. E sicuramente queste “perdite” ci saranno da oggi in poi, quando saranno rinnovati i contratti del triennio 2022-2024, visto che siamo praticamente nel 2024 e nessun contratto è stato ancora rinnovato.

        Rispondi
      • Quindi secondo le tue informazioni, noi acuisiremmo arretrati a partire dal 2022? Non è quello che si è compreso dalla lettura dei post precedenti del blog ma spero che tu possa avere ragione

        Rispondi
        • In realtà si tratta di una stima delle perdite dovute alla mancata revisione degli indici su cui vengono calcolati i nostri incrementi medi, dopo il rinnovo tardivo dei contratti che li determinano. Al momento tutto fa pensare (vedi circolare del 4 Novembre del Ministero dell’Economia) che i rinnovi contrattuali per il periodo 2019-2021 avvenuti nell’ultimo trimestre del 2022 e nel primo del 2023 verranno recepiti come se si trattasse di aumenti avvenuti solo ora e non nel triennio 2019-2021. In altre parole, allo stato attuale sembra che non verranno erogati arretrati oltre che il 0.98% previsto per il 2023 (che dipende dagli aumenti dell’ultimo trimestre 2022).

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  21. Ma la CGIL, nell’incontro col Governo dello scorso martedì, avrà perorato o meno la nostra causa sull’adeguamento Istat? Io non ne ho notizia .. .. e ho qualche dubbio che alla ‘Triplice’ stiano a cuore i nostri problemi …

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  22. Chissà se il presidente Meloni e i suoi consiglieri sanno che, pagandoci nel 2024 quello che ci spetta di percepire nel 2023 dovranno tassarlo all’aliquota media, come avviene con tutti gli arretrati pagati nell’anno successivo, perdendo così almeno un 10% netto di minore tassazione?

    Rispondi
  23. Buongiorno,

    Ferraro (il buon Prof. Ferraro!) e’ tornato all’attacco 🙂

    io ho gia’ inviato la mia adesione alla sua ultima lettera che riguarda anche gli adeguamenti ISTAT dei docenti universitari

    firmiamo

    Rispondi
    • Fermo restando che occorrerebbe fargli un monumento, e che tutti noi dovremmo essergli eternamente grati… e che quindi questa mia non è una critica ma una mera constatazione, trovo che sul tema “adeguamenti ISTAT” la sua azione non sia incisiva e non colga nel segno.
      Basta confrontare quello che richiede:

      «come Movimento per la Dignità della Docenza Universitaria chiediamo che:
      • venga emanato nel più breve tempo possibile il DPCM previsto per legge;
      • si mettano in atto tutte le misure necessarie per evitare che il ritardo in atto (per il quale non individuiamo giustificazioni) si ripeta negli anni a venire.»

      con tutto quello che abbiamo detto e ripetuto nelle decine di post precedenti, per rilevare che il vero rischio non sta nel ritardo (grave, ingiustificabile e lesivo della nostra dignità), ma nel meccanismo in sé, di cui l’attuale congiuntura ci sta facendo scoprire gli inaccettabili limiti.

      Rispondi
  24. Ricevo del Responsabile Università del PD il testo dell’interrogazione parlamentare del senatore Francesco Verducci, collega che molto ha fatto per la nostra dignità (ricordo l’ingaggio sul ritorno agli scatti biennali) e che ringrazio sentitamente:
    INTERROGAZIONE A RISPOSTA ORALE
    (ai sensi dell’articolo 151 del Regolamento del Senato della Repubblica)

    VERDUCCI,

    Al Presidente del consiglio dei ministri
    Al Ministro dell’università e della ricerca
    Al Ministro della pubblica amministrazione

    Premesso che:
    l’articolo 24, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, istituisce un meccanismo derivato, che riporta gli stipendi dei docenti universitari in linea a quanto stabilito dalla contrattazione del pubblico impiego; infatti, al pari di quelli degli altri settori non contrattualizzati della pubblica amministrazione, non prevedono procedure negoziali di regolazione, a partire dal necessario adeguamento al costo della vita;
    a decorrere dal 1° gennaio 1998 gli stipendi, l’indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica, sono adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali;
    il cosiddetto “adeguamento ISTAT” è un meccanismo confermato anche dall’articolo 5, comma 1, del Decreto del Presidente della Repubblica del 15 dicembre 2011, n. 232, ovvero il Regolamento per la disciplina del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari, a norma dell’articolo 8, commi 1 e 3 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
    fermo restando quanto previsto dall’articolo 9, comma 21, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le tabelle di cui agli allegati 1, 2, 3 e 4 sono aggiornate ai sensi dell’articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

    considerato che:
    la procedura prevede il calcolo da parte dell’ISTAT, il visto del Ministero dell’economia e delle finanze e della Corte dei Conti e quindi, entro il 30 aprile di ogni anno, un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno in questione (e conseguente corresponsione dei mesi arretrati rispetto alla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale da parte degli Atenei);
    sino al 2010, il DPCM veniva emanato, di norma, entro il 30 aprile; dal 2011 al 2017, in seguito al blocco della contrattazione per i dipendenti pubblici, non è stato erogato alcun adeguamento ISTAT; dal 2018, con la ripresa degli adeguamenti per i rinnovi dei CCNL, i DPCM sono stati generalmente emanati tra settembre e novembre (tranne il caso del 2021 in cui venne emanato a marzo dell’anno successivo). Nel 2022, il DPCM è stato pubblicato il 25 luglio, di nuovo con alcuni mesi di ritardo rispetto quanto previsto;
    ad oggi, il DPCM in oggetto non risulta pubblicato. Come è noto, i dipendenti pubblici solo lo scorso anno hanno iniziato a rinnovare i propri contratti relativi al triennio 2019/2021e sono ancora in attesa delle risorse e quindi dell’avvio delle trattative per il triennio in corso (2022/2024), segnato da un’inflazione particolarmente alta. In questo quadro, l’adeguamento degli stipendi dei docenti universitari risulta essere particolarmente colpito sia dal ritardo dei rinnovi (non accedendo agli arretrati degli anni precedenti), sia dalla lunghezza delle sue procedure, che in ogni caso trasferisce l’avvio degli aumenti solo all’anno successivo della loro effettiva erogazione ai dipendenti contrattualizzati della pubblica amministrazione;

    tenuto conto che:
    il ritardo nel rinnovo del contratto 2019/2021 è corrisposto, negli ultimi tre anni, a un ammanco pari a oltre a mensilità stipendiale; l’aumento previsto dal governo nella Legge di bilancio per il triennio 2024-2026 in corso di esame da parte del Parlamento, per i dipendenti pubblici contrattualizzati copre in realtà solo un terzo dell’inflazione di questi anni (6,6% annuo per il 2022 e 2023, 2,9% previsto per il 2024), come segnalato dalle principali organizzazioni sindacali;
    la manovra stanzia risorse solo per aumenti del 5,78%, a fronte di un’inflazione complessiva di oltre il 16%. In prospettiva, dal 2026, il rischio sarà quello di perdere almeno 4mila euro annui lordi per i livelli iniziali del Ricercatore a tempo determinato e del Ricercatore a tempo indeterminato (oltre 300 euro al mese), 5mila euro annui per quelli del Professore associato (oltre di 500 euro al mese), 8mila per quelli del Professore ordinario (più di 600 euro al mese), ovvero il corrispettivo di più di un mese di retribuzione ogni anno;
    il Fondo per il finanziamento ordinario delle università sarà ridotto nelle sue risorse nominali, in base ai dati emergenti dalle tabelle allegate alla Legge di bilancio in discussione, oltre che colpito duramente nella sua capacità di spesa dall’inflazione e compresso, nella sua effettiva disponibilità, dalle risorse che dovranno esser destinate all’adeguamento degli stipendi, per l’effetto combinato della messa a regime degli aumenti del CCNL 2019/2021, degli adeguamenti ISTAT relativi, degli anticipi previsti dal governo per il rinnovo 2022/2024;

    si chiede di sapere:
    se i Ministri in indirizzo non ritengano necessario e urgente destinare ulteriori risorse al comparto università e ricerca, onde evitare di caricare sul FFO le maggiori risorse necessarie per gli adeguamenti contrattuali, a discapito della programmazione delle università in temini di didattica, servizi agli studenti, ricerca;
    in quali tempi, la Presidenza del consiglio dei ministri intenda emanare il DPCM in oggetto relativo all’anno 2023, valutando, inoltre, di predisporre entri i termini di legge il successivo, ovvero entro il 30 aprile 2024, al fine di dare immediata erogazione ai suddetti adeguamenti ISTAT.

    ***
    aggiungo che qualora i passi politici fatti (anche da CGIL, Ferraro, etc.) non sortissero alcun effetto, la strada maestra sarebbe quella di un ricorso giurisdizionale collettivo rispetto al quale mi rendo disponibile – presso la mia casella istituzionale – per la parte organizzativa.

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    • Grazie Francesco per l’informazione.
      Forse valeva la pena che il Senatore Verducci avesse ricordato che il blocco 2011-2017 ha riguardato non solo gli adeguamenti ISTAT ma anche gli scatti stipendiali ai fini economici e di carriera, tassandoci di fatto con una “extra IRPEF” che, in certi casi (se non ricordo male le stime fatte a suo tempo), dal 2018 alla data di quiescenza, vale ben oltre i 100.000 Euro. Mi pare poi di ricordare che noi siamo stati l’unica categoria del pubblico impiego a non aver riconosciuti a fine blocco i benefici economici e/o di carriera, a fronte di ridicoli importi di incentivi “una tantum” per le mancate progressioni.

      Rispondi
  25. Sposo l’iniziativa di Francesco Mancuso, bisogna organizzare un MEGA ricorso amministrativo. Non credo mancherebbero i sottoscrittori.

    Diversamente non abbiamo alcuna speranza di essere ascoltati, benché iniziative quali quelle del Sen. Verducci siano da applaudire.

    F

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    • Caro Fabio, inizio a sondare disponibilità di colleghi amministrativisti e combattivi. Certamente, un eventuale ricorso dovrebbe serbare memoria di quanto scrive Maurizio (“l’oro per la Patria” di fatto prelevato forzosamente solo alla nostra categoria) e dovrebbe essere pronto a sollecitare, in ultima istanza, le Corti europee. Le adesioni non mancherebbero certo (ergo: diminuirebbero anche i costi del ricorso). Tutto sta nell’organizzazione.

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      • Assolutamente d’accordo: alla luce di quanto è emerso da questa discussione, mi sembra indispensabile che si verifichi la legittimità di un meccanismo di calcolo che, contro la ratio della legge, non tiene conto di aumenti che il personale contrattuallizzato percepisce retrospettivamente e a cui anche noi avremmo diritto, ma che non percepiamo a causa del rinnovo ritardato dei contratti.

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  26. Mi auguro che, per davvero, non ci sia la necessità di un ricorso giurisdizionale …. sarebbe avvilente sia per le istituzioni di Governo chee per noi stessi, costretti a manifestare pubblicamente la considerazione nulla nei nostri riguardi da parte dell’Esecutivo. Ciò tenuto conto del valore aggiunto in termini di progresso del Paese del lavoro svolto dalla docenza universitaria … .
    In rifermento all’interrogazione parlamentare del Senatore Verducci, è noto il timing della sua calendarizzazione nei lavori della Camera alta? Molte grazie

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  27. Quello che indigna maggiormente è l’assoluto silenzio da parte di chi ci governa. Non ci danno ciò che ci spetta e non ci dicono nemmeno perchè.
    Per costoro siamo un po’ come lo scemo del villaggio che non merita (secondo loro) lo spreco del loro prezioso tempo!
    Sono convinto che lo sblocco della situazione potrà esserci solo con un ricorso alla giustizia e in tal caso non solo ci dovranno dare ciò che ci spetta adesso, ma anche quello che ci sarebbe spettato in passato con i relativi interessi (legali).
    Poi, magari, si inventeranno una tassa che varrà solo per i professori universitari che, ricordo ai colleghi, risultano essere tra il 4% della popolazione italiana che paga più tasse e, quindi, più ricca, in base alla dichiarazione IRPEF (dati ISTAT). Mi chiedo quanti di noi hanno case al mare e in montagna, si cambiano l’auto di lusso ogni anno e vivono in una villa con piscina!
    Per quanto riguarda il ruolo della docenza universitaria, l’attuale governo non fa altro che continuare la politica intrapresa trent’anni fa, la cui prima avvisaglia fu la nefasta ministra che credeva che ci fosse un tunnel tra il Gran Sasso e il CERN e che era convinta che i professori universitari non lavorassero.

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  28. Dal sito del SIAM(Sindacato dell’Aeronautica militare), si fa riferimento ad una nota del MEF ,nella quale si attesta che è in corso il perfezionanto del DPCM per l’adeguamento ISTAT che interessa i non contrattualizzati sulla base del dato percentuale pari allo 0,98%.
    Quindi direi che sarebbe una questione di giorni.
    Meglio tardi che mai ……anche per pochi spiccioli.

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    • Ricordo, però, che tra la firma del DPCM e la sua pubblicazione in Gazzetta passano in media due/tre mesi. Quindi o il DPCM è già stato firmato (da tempo) oppure, se è in corso la firma, non si tratta di un’attesa di pochi giorni…

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  29. Facendo seguito all’intervento di Francesco, che condivido riguardo alla poco incisività della lettera di Ferraro, noto che lo stesso problema si riscontra anche nell’interrogazione del Senatore Francesco Verducci.

    Premesso che la regola di calcolo dell’incremento ISTAT espressa dal comma 2. dell’articolo 24 della legge 448/98 è la seguente:
    La percentuale dell’adeguamento annuale prevista dal comma 1 è determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. A tal fine, entro il mese di marzo, l’ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al comma 1. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l’adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell’anno precedente, salvo successivo conguaglio.

    Relativamente all’ultima clausola, trovo sia opportuno chiedersi cosa si intende per “Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti”?

    Come sottolinea il Senatore le percentuali degli adeguamenti sono legate ai rinnovi dei contratti triennali, sono quindi sicuramente questi i dati a cui la norma riferisce.

    Dall’analisi del meccanismo di calcolo risulta chiaramente infattibile l’applicazione di conguagli a seguito di singoli rinnovi tardivi, ma soprattutto, l’impatto di singoli rinnovi tardivi e’ poco rilevante nel complesso PA e quindi di conseguenza porta a penalizzazioni irrisorie e trascurabili. Questo si verifica anche se i rinnovi tardano di poco, essendo gli aumenti progressivi dei CCNL nei primi anni in genere di minore entità.

    Se pero’ la maggior parte dei rinnovi tardano oltre il triennio in oggetto, come in questo momento (è la prima volta che accade, da quanto mi risulta, da quando è stata emanata la legge ) si da luogo ad importanti penalizzazioni della nostra categoria. Ad esempio, facendo riferimento al mio intervento precedente, circa 4000 Euro di perdite rispetto ad uno stipendio netto di 3100 Euro.

    Visto il legame tra i rinnovi dei CCNL con il meccanismo di calcolo dell’incremento ISTAT, mi chiedo se ci può essere qualcuno in grado di sostenere con valide argomentazioni che i dati all’emanazione dei DPCM del 2020, 2021, 2022 erano disponibili?

    A me sembra evidente, senza ombra di dubbio, che i dati in quei momenti non erano disponibili.

    Mi chiedo inoltre, quale è la logica alla base dell’ultima clausola del comma 2 dell’art. 24?

    Quella di garantirci rispetto a funzionari che pur avendo i dati non li rendono disponibili?

    Oppure quella di garantire conguagli quando, come in questo caso, i dati non erano realmente disponibili?

    Una semplice regola che si potrebbe adottare per definire la situazione in cui i dati non sono disponibili, è proprio quello che accade ora: ovvero, quando la maggior parte dei rinnovo dei CCNL avviene dopo la fine del triennio che li interessa.

    L’obiettivo che dovremmo perseguire è far rispettare la legge, in particolare l’ultima clausola del comma 2, su questo val la pena fare il ricorso giurisdizionale collettivo che menziona Francesco Mancuso, non certamente sulla puntualità dei DPCM emanati senza i dati necessari.

    E’ ben chiaro che il nostro problema nasce dal ritardo dei rinnovi contrattuali della pubblica amministrazione, trovo pero’ utopistico il fatto che si possa recuperare in un anno il ritardo accumulato, e quindi lo scenario che probabilmente ci aspetta nel prossimo futuro è quello del reiterare di situazioni simili, da cui la corretta interpretazione dell’ultima clausola del sopra citato comma 2, ci potrebbe tutelare.

    Rispondi
    • Grazie Mauro per la lucidissima esposizione.
      Provo (non essendo giurista) a fare l’avvocato del diavolo. Mi pare si possa sostenere che l’ultima parte del comma 2 voglia garantire l’erogazione dell’adeguamento qualora, per qualsiasi motivo, l’ISTAT non fosse in grado di certificare la ‘variazione percentuale’ nei termini previsti: anche in assenza del dato ceritificato, il governo può (e anzi dovrebbe) procedere all’adegumento nella stessa misura dell’anno precedente (salvo conguaglio quando i dati saranno disponibili). Nel nostro caso, purtroppo, il dato della variazione è invece disponibile e debitamente certificato dall’ISTAT. I DPCM degli ultimi anni si sono sempre adeguati (seppur tardiavamente) alla nota ISTAT e non mi pare che ci sia mai stato riconosciuto in via provvisoria lo stesso adeguamento dell’anno precedente (unico caso in cui sarebbe ammesso il conguaglio).
      A mio avviso, invece, la criticità sta proprio nel metodo di calcolo: la legge naturalmente non specifica quale debba essere, ma è chiaro che il suo scopo è quello di mantenere i nostri stipendi ‘agganciati’ all’aumento medio delle retribuzioni contrattuali. Il metodo di calcolo, quale che sia, dovrebbe rispettare questa finalità. Il rinnovo ritardato dei contratti, invece, la compromette, facendoci perdere, in maniera del tutto irragionevole e immotivata, somme a cui avremmo avuto diritto se i contratti fossero stati rinnovati puntualmente (e che i lavoratori contrattualizzati ricevono sotto forma di arretrato). E’ dunque assolutmente necessario che, per non arrecare un evidente vulnus ai nostri diritti, la metodolgia di calcolo sia aggiornata in modo da tenere conto dei rinnovi tardivi e ‘recuperare’ a posteriori gli aumenti di cui non abbiamo goduto (ma a cui avremmo avuto diritto).

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      • Ti ringrazio Luciano per questa puntualizzazione, che avevi fatto anche in un precedente intervento.

        Dagli ultimi approfondimenti mi sembra che ci siano alcuni spazi per argomentare sull’applicazione della clausola finale:

        – dal punto di vista terminologico, la clausola sembra riferire ai “dati necessari” per effettuare il calcolo, che sono quelli sui rinnovi dei CCLN, e non al mancato calcolo della percentuale da parte di ISTAT.
        – se questa è l’interpretazione corretta, la clausola risulta praticamente inapplicabile, infatti ad Aprile dell’anno in corso è impossibile accertare che i dati necessari non sono disponibili e quindi applicare la percentuale dell’anno precedente, perché non vi potrà mai essere certezza sul futuro rinnovo dei contratti con relativi arretrati, che potrebbe anche non avvenire.

        Non c’è da stupirsi dunque che non è stata mai applicata in precedenza, e che la percentuale dell’anno precedente non sia stata mai utilizzata. Di fronte a queste ambiguità credo che possa essere una buona strategia quella di cercare di chiarire cosa intendeva il legislatore, soprattutto a fronte ad una situazione concreta in cui emergono chiare le perdite a seguito del ritardo nell’acquisizione dei dati.
        Insomma se la norma riferisce veramente ai dati dei rinnovi dei CCNL come sembra, andrebbe trovato un contesto di applicazione per la questione dei conguagli.

        Mi chiedo se il chiarimento su una norma già esistente fino ad ora inapplicata portando avanti un ricorso giurisdizionale, al fine di trovarne un ambito di applicazione a fronte di un esempio concreto, porterebbe ad un processo più veloce rispetto alla revisione del metodo di calcolo che implicherebbe invece una revisione della legge?

        Dopo tutto quello che va stabilito non è proprio il modo di operare in caso di dati mancanti, ovvero l’oggetto di quest’ultima clausola?
        Anche io non sono un giurista e mi limito dunque a queste considerazioni di tipo tecnico, nella speranza che possano essere utili al fine di promuovere iniziative concrete.

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        • Condivido un dubbio (che sarà infondato, per carità): ma non è che nelle fantomatiche note ISTAT (che non possiamo vedere) potrebbe esserci scritto qualcosa sugli arretrati a cui attacarsi per un ricorso (e per questo motivo le tengono nascoste)?

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  30. Il legislatore non ha certo concepito la norma con l’intento di utilizzare strumentalmente i ritardi nei rinnovi contrattuali al fine “affamare” i Dirigenti, per cui sono convinto che sarà difficile per la Corte costituzionale interpretarla in tal senso. E’ inverosimile inoltre che nessuna classe politica si sia accorta della stortura, il che palesa la volontà di non porvi rimedio. A mio parere l’unica strada percorribile è quella dell’azione legale collettiva che dovrebbe intraprendere anche il personale Dirigente del Comparto Sicurezza/Difesa.

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    • Dal 1 gennaio anche le Forze Armate (che comprendono i Carabinieri) nonché la GDF non avranno più la rappresentanza militare bensi un vero e proprio Sindacato analogamente alle Forze di Polizia ad ordinamento civile. Per cui ritengo che questa azione debba essere promossa dalle varie sigle sindacali di concerto con le rappresentanze sindacali della docenza universitaria per vedersi riconoscere semplicemente quello che dovrebbe spettarci come a tutte le altre categorie del pubblico impiego e in special modo la dirigenza pubblica che non rientra nella nostra categoria. C’è un evidente disparità di trattamento che penso qualsiasi giudice amministrativo non possa che eccepire quale vizio di legittimità.

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  31. L’unico misero vantaggio di tutta questa vicenda sta nel fatto che sugli arretrati 2023 sino al 31/12 verrebbe applicata l’ aliquota IRPEF più alta (presumibilmente per molti il 43%) se venissero percepiti nel 2024 per la quota 2023 verrebbe applicata l’aliquota media, di gran lunga più bassa…! Ripeto si tratterebbe di una magrissima consolazione!

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    • Direi che “se venissero percepiti”, a questo punto, è una solida certezza cui possiamo tranquillamente togliere il periodo ipotetico! 😉
      Ma davvero funziona così?!

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      • Se gli arretrati vanno sul nuovo anno solare, come sta per succedere, è sicuro che si applica l’aliquota media. Tra l’altro la tassazione massima normale è quasi al 50%, per via delle tasse locali.

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  32. Per quanto riguarda, la nostra specifica situazione, ritengo – ma non sono un giurista – che la legge 448/1998 desse per scontata nel tempo la situazione per così dire di normalità allora esistente: rinnovo tempestivo dei contratti, non potendo allora prevedere le condizioni del tutto eccezionali che si sono verificate nei rinnovi del contratti della PA negli ultimi anni. Abbiamo perso una marea di arretrati e altri ne perderemo probabilmente nel prossimo futuro, motivo per il quale andrebbe segnalato il ‘vuoto normativo’ della 448/1998 rispetto alla situazione attuale (segnalando il fatto al sen. Verducci). E poi non conviene forse chiedere di entrare nel regime dei contrattualizzato, come hanno fatto le categorie di esercito e polizia?

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  33. Aggiungo alle condivisibili osservazioni di Andrea un’ulteriore constatazione: mi sembra che questa vicenda faccia emergere in maniera lampante la totale assenza di un’adeguata rappresentanza sindacale della nostra categoria, come dimostrano i silenzi del pur meritevole Ferraro e i pasticci dell CGIL (che ancora alcuni mesi fa emetteva comunicati in cui ci prometteva il versamento degli inesistenti arretrati). Sembra davvero che nessuno si ponga il problema (o lo capisca).

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  34. Nell’intervista concessa al Corriere della Sera del 17/12/23 (https://www.funzionepubblica.gov.it/sites/funzionepubblica.gov.it/files/Intervista_Zangrillo_Corriere.pdf), il ministro Zangrillo informa che le trattative per la tornata contrattuale 2022-24 partiranno a inizio del 2024, ma “intanto ci sono già 2 miliardi per l’anticipo sui prossimi rinnovi per i dipendenti dello Stato attraverso l’indennità di vacanza contrattuale potenziata che viene pagata in questo mese. Si tratta, in media, di circa 760 euro lordi annui per dipendente”. Il ministro afferma inoltre che con la “tornata 2019-21 sono stati dati aumenti medi del 4%. Questa volta saranno del 6%”.

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      • Non direi che un aumento complessivo del 10% (4+6) sia una ‘mancetta’.Proprio perché non sono ‘mancette’, perdendo gli arretrati, ciascuno di noi perde diverse migliaia di euro (come hanno dimostrato i calcoli di Mauro).

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  35. mi riferivo ai 760 euro lordi annuali, che al netto sono circa la metà…infatti molto spesso non si considera che nel frattempo le aliquote marginali massime sono state estese di fatto anche a redditi per nulla alti….ciò significa una maggiore tassazione dei compensi ed eventuali extra, che incide molto di più delle mancette… sui ritardi sono d’accordo, ma l’unica sarebbe fare una azione legale, considerando che anche i magistrati hanno un problema analogo…Ferraro ha lavorato molto in questo senso, che è l’unico veramente efficace

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    • D’accordo sulle aliquote e sulla necessità di un’azione legale. Ma i magistrati hanno un meccanismo di calcolo diverso che li garantisce molto di più e Ferraro sulla questione degli arretrati (che è la vera questione) non mi pare che finora abbia detto poprio nulla: è intervenuto solo per sollecitare il DPCM in ritardo (che è una cosa sacrosanta, ma del tutto secondaria).

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      • Il meccanismo di calcolo dei magistrati è su base triennale, questa è la differenza più importante…sarebbe utile capire se ciò porta a differenze sostanziali…

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  36. Ormai il dubbio è che il DPCM non sia semplicemente in ritardo… bensì che ci sia l’intenzione di non farlo proprio

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    • Non è la prima volta che salta all’anno successivo, è solo in ritardo. Non farlo è contra legem, quindi il dm arriverà in ritardo ma dovrà arrivare per forza e gli arretrati saranno tassati con l’aliquota media, quindi arriva qualche spicciolo in più.

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    • A questo punto, se quanto dici si verificasse veramente, non rimarrebbe da dire altro che abbiamo una manica di pezzenti al governo.

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    • Interessante questo periodo:
      “Dal Rapporto Aran n. 1 del 2021, si evince, per il periodo ottobre 2020-settembre 2021, che: “la dirigenza non contrattualizzata (Professori e ricercatori universitari, Magistrati e personale con qualifica dirigenziale delle Forze armate e dell’ordine) restituisce aumenti tendenziali fra il +1,2% e +1,4%” (pag. 15). Mentre, “Il complesso della dirigenza restituisce, invece un +9% che si compone nella crescita del +11% per la dirigenza contrattualizzata Aran, e del +4,9% per i dirigenti in regime di diritto pubblico” (pag. 19).”

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      • Si tratta in effetti di una lettura interessantissima, da cui emergono molti spunti di riflessione. Ne indico alcuni: 1. Si conferma che il meccanismo di calcolo dell’adeguamento per i magistrati è più favorevole del nostro e prevede maggiori garanzie; 2. L’ISTAT ha modificato nel tempo la metodologia di calcolo dell’adeguamento per i magistrati rendendola più restrittiva secondo criteri molto discutibili: finché non vedremo le note ISTAT (mantenute riservate) che ci riguardano non sapremo se qualcosa di simile è avvenuto anche per la nostra categoria; 3. Le altre categorie equiparate alla nostra godrebbero, “oltreché del meccanismo del c.d. ‘adeguamento’ automatico, anche di una propria e peculiare ‘contrattazione’ discrezionale, effettuata secondo l’ordinamento che li disciplina, che viene poi recepita in un decreto” (nota 37) e che garantirebbe ulteriori aumenti. Vengono citate in proposito le carriere diplomatiche e prefettizie, le forze armate e di polizia, ma (ovviamente) non la docenza universitaria che, al contrario delle altre categorie equiparate, non gode di alcuna raprresentanza e/o procedura che consenta di contrattare ulteriori specifici benefici rispetto al generico adeguamento ISTAT.

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        • Ci sono altri due documenti interessanti che sto leggendo con attenzione. Se ci saranno elementi interessanti pubblicherò i link. Per quanto riguarda le note Istat, basta chiederli a ISTAT nel rispetto della procedura che loro richiedono, ma da queste note non si ricaverà nulla circa i criteri di calcolo della media in assenza di indicazioni sulla metodologia di calcolo dell’indicatore di calcolo dell’adeguamento.

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    • È un pippone partorito dai magistrati per ribadire che loro sono diversi dalle categorie non contrattualizzate della PA. Quindi l’articolo è scritto a loro esclusivo uso e consumo. Loro già prendono molto di più di adeguamento triennale rispetto a noi

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      • Però vedendo i loro adeguamenti triennali non sembrano così diversi. Piuttosto non si capisce perché le note dell’istat non circolino sul web, anche perché i dati devono comunque essere omogenei.

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  37. Si va bene ma il DPCM quando esce? Qui non si vede nessun output da parte del governo. Non se ne sa niente… Ma se una Istituzione omette di emanare un atto dovuto entro certi termini temporali non si può costringerla in qualche modo? Altrimenti qui i governi fanno quel che vogliono e tutti zitti!

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    • Ho monitorato gli ordini del giorno e i comunicati stampa dei consigli dei ministri da novembre in poi: anche nell’ultimo consiglio del 28/12 il nostro DPCM non compare né nell’ordine del giorno e nemmeno nel comunicato stampa relativo ai provvedimenti approvati.

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  38. I motivi di insoddisfazione per come è trattata la docenza universitaria sono numerosi e ben distribuiti nel tempo, ma nel tempo si sono amplificati. Ebbene, risalendo nel tempo, come non ricordare la decurtazione di uno scatto e mezzo operata ai suoi tempi o anche l’abolizione della ricostruzione di carriera, che ci si poteva portare dietro, ad esempio, sugli anni di insegnamento nella
    scuola superiore. E ancora i ricorsi su diritti pregressi, cancellati sulla base di leggi ad hoc, ora per allora?
    Tuttavia, ritengo che una qualunque nostra richiesta possa essere accolta a fronte di un diverso trattamento, se appurato, di una categoria (magistrati) che è sottoposta, come noi, al disposto dell’art. 24 della legge 448/1998 (commi 4 e 1). Pertanto, condividendo pienamente il malcontento che emerge chiaramente dall’intervento di Paolo, riprendo due riferimenti contenuti nel ‘pippone’ (https://www.nuovagiustiziaamministrativa.it/diritto-e-rovescio-nelladeguamento-automatico-della-retribuzione-dei-magistrati/#media).
    Il primo riferimento è al DPCM del 25 gennaio 2021 (non del 2020, come credo erroneamente indicato nel succitato documento). Il testo del DPCM è consultabile all’indirizzo https://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2021-03-26&atto.codiceRedazionale=21A01721&elenco30giorni=true.
    Tra i vari riferimenti di legge è richiamato il comma 4 dell’art. 24 della 448/1998, che “dispone che il criterio previsto dal predetto comma 1 si applica anche al personale di magistratura e agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell’adeguamento triennale”. Viene anche presentata, per così dire, la genesi di un “nuovo indicatore per l’adeguamento triennale di stipendi e indennita’ del personale di magistratura ed equiparati”, che merita di essere letta. Si legge inoltre che “in base alla nuova
    metodologia applicata, la variazione complessiva delle retribuzioni contrattuali pro capite dei pubblici dipendenti, esclusi il personale di magistratura e i dirigenti non contrattualizzati, nel triennio 2015-2017, e’ pari a + 0,62 per cento”.
    Dalla tabella che è pubblicata all’inizio di questa pagina risulta nel nostro caso questa situazione: 2015 non pervenuto; 0.00% nel 2016, come certificato dal comunicato Istat (citato alla nota 1), che registra una variazione nulla per i dipendenti della pubblica amministrazione; idem per il 2017 senza alcuna comunicazione.
    Il secondo DPCM è del 6 agosto 2021 (https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/09/24/21A05645/sg).
    Qui, l’Istat comunica che “in accordo con quanto previsto dalla metodologia condivisa dalla Ragioneria generale dello Stato con la
    predetta nota del 24 novembre 2020, la variazione della retribuzione media pro capite complessiva dei pubblici dipendenti, esclusi il personale di magistratura e i dirigenti non contrattualizzati, nel triennio 2018-2020, e’ pari a + 4,85 per cento”.
    Nello stesso triennio, la tabella succitata dà un dato cumulato di 4,1%. A tutto questo, per i magistrati va aggiunto il meccanismo degli acconti, calcolati nella misura del 30% “della variazione percentuale dell’adeguamento triennale da applicare dal 1° gennaio 2021, pari al 4,85 per cento e che da tale determinazione risulta una percentuale di ulteriore aumento, arrotondata alla seconda cifra decimale, pari all’1.46 per cento per ciascuno dei predetti anni, con decorrenza, rispettivamente, dal 1° gennaio 2022 e dal 1° gennaio 2023”.
    So anche bene che le situazioni di fatto non collimano con quelle di diritto, ma…
    Buon 2024

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